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Il mare
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Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Claudia Fusani
In Slovacchia vincono i nazionalisti filo Putin amici di Orban. Rischio cortocircuito per Meloni. E a sinistra

2/10/2023 - 9:46

In Slovacchia vincono i nazionalisti filo Putin amici di Orban. Rischio cortocircuito per Meloni. E a sinistra

Vince il populista di sinistra filoputinista Robert Fico, leader dello Smer. Le sue parole d’ordine in campagna elettorale sono state: “Stop armi a Kiev”, “stop all’Ucraina nella Nato”, “no ai migranti, difenderemo i nostri confini e non saranno belle scene”. Esulta Orban. Silenzio di Meloni. Le cose non vanno meglio a sinistra. Fico siede nei banchi del Pse. Che ora immagina l’espulsione


E se fosse la Slovacchia a provocare il cortocircuito? Non l’immigrazione, nè le nuove regole di bilancio, o il Mes. L’innesco potrebbe essere questa “piccola” repubblica parlamentare di cinque milioni di abitanti entrata nella Ue e nella Nato nel 2004, vent’anni fa.

Succede infatti che ieri i cittadini slovacchi sono andati alle urne per scegliere un nuovo governo dopo che quello uscente - un esecutivo di destra destra - ha concluso anticipatamente il mandato iniziato nel 2018. Anni segnati dall’omicidio del famoso giornalista d’inchiesta Ian Kuciak per mano, così hanno detto le indagini, di clan legati all’’ndrangheta. Dalle urne è uscito vincitore Robert Fico, leader dello Smer, un populista di sinistra filoputinista che ha fatto tutta la campagna elettorale con tre parole chiave: “Stop the war in Ucraina” con il corollario “Fuori dalla


Nato” e “stop ai migranti”
Del resto già in campagna elettorale, senza nascondere le proprie simpatie per il presidente russo Vladimir Putin, Fico aveva sostenuto apertamente l'invasione dell'Ucraina “fascista” e promesso di fermare gli aiuti militari a Kiev e di impedirne l’adesione alla Nato. “Altri morti sono inutili” ha detto ieri aggiungendo: “Meglio 10 anni di trattative di pace che lasciare altri 10 anni la gente a uccidersi” per poi “constatare che siamo rimasti dove siamo oggi”. Pur assicurando che “ovviamente siamo membri dell’Ue”, Fico ha ricordato che “questo non significa che non posso criticare le cose dell’Ue che non mi piacciono”. Ad esempio, “useremo anche la forza per proteggere il nostro Paese dai migranti e non saranno belle immagini”.
Il rischio cortocircuito
E veniamo allora al cortocircuito. Se questa è la peggiore notizia per i palazzi europei, lo è anche per l’Italia. A destra e a sinistra. Il governo Meloni si trova circondato in Europa da amici sovranisti che cominciano a dire in modo molto chiaro “basta sostenere Kiev”. Ieri il primo ad esultare è stato non a caso Orban, di cui Fico è grande amico. Ma Fico siede anche, a Strasburgo, con il suo Smer, nei banchi del Pse, insieme al Pd, ad esempio. E ben sappiamo, anche a sinistra, come il tema stop agli aiuti a Kiev siano uno dei più divisivi. Il tema Slovacchia riguarda quindi sia la maggioranza di governo che la sinistra, il Pd che si è schiarato senza se e senza ma con la Nato e a fianco di Kiev. Si fregano le mani i partiti estremi, a destra e a sinistra, e i 5 Stelle.
Bruxelles era andata a dormire sabato sera con un sospiro di sollievo perché gli exit pool davano in vantaggio il filooccidentale Simecka. Ieri poi il ribaltamento dei dati e quella che viene giudicata come “le peggiore notizia possibile”. Che va vista, osservata e monitorata non solo in vista delle elezioni europee del giugno 2024 ma anche in vista dei lander tedeschi al voto nelle prossime settimane, del voto in Polonia tra due settimane, e - in prospettiva ancora più lunga - delle elezioni Usa a novembre 2024. Un anno che rischia di cambiare l’ordine mondiale per come lo abbiano conosciuto.
Il grande imbarazzo nel Pse
La vittoria di Robert Fico e del suo Smer potrebbe catapultare la Slovacchia nel piccolo gruppo dei Paesi dell'Est che, da tempo, sono una spina nel fianco dell’Ue. Nel caso di Bratislava, lo strappo potrebbe essere maggiore proprio perché investe direttamente l’alleanza a sostegno di Kiev. Un sostegno che, nei Paesi del gruppo Visegrad, vede finora solo l’Ungheria sostanzialmente schierata contro la strategia europea.
Se la Commissione e il Consiglio Ue non hanno sorriso alla vittoria di Fico, dalle parti dei socialisti europei il risultato slovacco è stato accolto con una smorfia di dolore. Il populista e ora filorusso Fico è infatti a capo di un partito socialdemocratico (lo Smer) che è parte del Pse e che, all'Eurocamera, siede al fianco di Pd, socialisti spagnoli e tedeschi. Nel Pse da anni si parla dell’espulsione di Fico. Il tema divenne scottante dopo il presunto coinvolgimento di alcuni uomini dell’esecutivo guidato proprio da Fico nell'omicidio, nel 2018, del giornalista Jan Kuciak e della fidanzata Martina Kusnirova (trovati entrambi ammazzati in casa). L’episodio, alla fine, costò all'allora premier la guida del governo ma non l’appartenenza al Pse. Ora però i
socialisti sono decisi a non chiudere gli occhi. Il presidente svedese Stefan Lofven, alla vigilia del voto, spiegava che se Fico formerà un governo con l'estrema destra e manterrà la promessa del disimpegno sull'Ucraina, sarà cacciato. E il Pd sarà in prima linea per espellerlo. “Non possiamo permetterci doppi standard né tentennamenti” ha sottolineato il capodelegazione Brando Benifei. “Non c'è spazio per chi è asservito a Putin e alla propaganda del Cremlino, per chi propone il ritorno dei nazionalismi e delle piccole patrie” ha rincarato la dose la vicepresidente del Pe Pina Picierno.
La gioia di Orban
Nelle cancellerie europee la vittoria di Fico è stata accolta con gelo, o perlomeno con cautela. Un’unica eccezione: l’Ungheria. “Indovina chi è tornato! È sempre bello lavorare insieme a un patriota. Non vedo l’ora!” ha esultato Viktor Orban. Con Fico al potere, Budapest potrebbe avere un alleato a 360 gradi. E sulla politica estera, dove vige la regola dell’unanimità in Consiglio, il duo slovacco-ungherese potrebbe bloccare le iniziative dell'Ue.
Su altri temi, come quello della migrazione, Fico non ha certo promesso collaborazione. E se il 15 ottobre Mateusz Morawiecki si confermerà in Polonia (ma ieri oltre un milione di persone hanno marciato al fianco di Tusk) la minoranza di blocco guidata da Visegrad sul tema della migrazione ne uscirà ancora più forte.
Bruxelles non ha alcuna intenzione di sfumare il suo sostegno all'Ucraina. Ursula von der Leyen, su X, ha promesso che “l'alleanza resterà solida”. Oggi, riunito eccezionalmente a Kiev, il Consiglio Affari Esteri lo ribadirà, concentrandosi sul tema degli aiuti militari. “Se
saranno di meno con la vittoria di Fico? Vediamo” sono state le caute parole di Josep Borrell già nella capitale ucraina. L'alto rappresentante tuttavia si è detto “sorpreso” per lo stop degli aiuti dagli Usa, decisivo per evitare lo shutdown a Washington e voluto dai repubblicani. “E’ una scelta che rimpiangeremo” ha sottolineato Borrell. Ma il tempo e le prossime tornate elettorali in Occidente, Stati Uniti compresi, rischiano di remare contro l'alleanza atlantica a sostegno di Zelensky.
L’imbarazzo nel governo
Cosa farà adesso il governo di Giorgia Meloni? Sul suo filoatlantismo non ci sono dubbi. Così come sulla sua amicizia con Volodimir Zelensky. Ma che succede se il suo elettorato, il popolo di Fratelli d’Italia, comincia a far arrivare segnali sempre più univoci e concomitanti circa un allentamento del supporto a Kiev? Segnali suggeriti ovviamente dalla base elettorale della destra. E cosa succede se cresce il gruppo dei paesi europei nazionalisti che vuole lasciare sola l’Italia alle prese con i flussi migratori? Il Pd con Stefano Graziano, capogruppo in Commissione Difesa, ha già detto che “Fico è incompatibile con i valori del socialismo europeo”. Benedetto della Vedova (+Europa) e Osvaldo Napoli (Azione) hanno pronosticato “il cortocircuito tra patrioti a livello europeo”.
Ma non è ancora tutto già deciso
Va detto però che non è ancora tutto scritto. E che i prossimi quindi i giorni saranno decisivi. Fico lunedì riceverà l’incarico di formare un esecutivo attraverso negoziati con almeno due altri partiti e che lo stesso ex premier prevede possano durare “due settimane”. Le urne
hanno attribuito a Direzione-Socialdemocrazia (Smer-Sd) di Fico il 22,9% dei consensi e quindi ben 42 dei 150 seggi del parlamento monocamerale di Bratislava. Secondo è arrivato il partito liberale filo-Ue e pro Occidente Slovacchia progressista (Ps) di Michal Simecka (18% e 32 deputati). Simecka non ha perso le speranze di formare una propria maggioranza coinvolgendo anche lui due dei sette partiti entrati in parlamento.
Fico dovrà trovare almeno due alleati che potrebbero essere soprattutto il Partito nazionale slovacco (SnS, 5,6% e 10 seggi), formazione di destra nazionalista e populista con cui ha già governato due volte. Il Partito Voce-Socialdemocrazia (Hlas-Sd, 14,7% e 27 seggi) del suo arci rivale Peter Pellegrini, pacifista sull’Ucraina però filo-europeo. Pellegrini dovrebbe propenderebbe per il Movimento dei cristiani democratici (Kdh, 6,8% e 12 seggi) su cui Simecka punta per attrarre anche l'Hlas e impedire a Fico di governare. Il tema, sarà ovviamente sul tavolo anche a Granada nel

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