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Aria nuova in Polonia: i Conservatori non vincono. Un po’ come in Spagna. Gli effetti a Bruxelles. E in Italia
Il Pis di Morawieski ha la maggioranza dei voti (36%) ma non in Parlamento. Dove invece potrebbe averla la coalizione popolare-centrista di Tusk. Il presidente Duda darà l’incarico al Pis che però non troverà i voti. Comunque vada, nel paese c’è voglia di più Europa. Un nuovo scenario per Giorgia Meloni
Nell’ora più buia e difficile, s’intravede uno spicchio di arcobaleno per l’Europa. Arriva dalla Polonia e ha il volto e il nome di Donald Tusk. L’ex presidente del Consiglio europeo, sull’onda di un’ affluenza alle urne pari al 72,9% la più alta dal 1989, è riuscito, insieme ad altri due partiti centristi ed europeisti, a mettere un ceppo assai ingombrante al dominio ormai decennale dei Conservatori e nazionalisti del Pis di Jaroslaw Kaczynski e del premier uscente Mateusz Morawiecki.
Ieri la Polonia è andata al voto per rinnovare il Parlamento. C’è andata dopo una campagna elettorale dura e piena di significati, tra le tensioni (un paio di seggi sono stati obiettivo di attentati) e gli scenari di guerra che arrivano dal Medioriente all’Ucraina.
Così come già il voto in Spagna (il premier uscente, il socialista Pedro Sanchez ha avuto l’incarico di formare il governo dopo il fallimento dei Popolari in coalizione però con le destre), anche la Polonia sembra voler fermare l’avanzata dei populismi, dei nazionalismi e delle destre estreme. La Slovacchia, due settimane fa, ha assegnato la vittoria al partito nazionalista, antieuropeista e filorusso del “socialista” Robert Fico. Il voto polacco doveva andare in scia. Ma non è andata così. Non sembra almeno.
Exit poll
Stiamo ancora commentando exit poll. Fino a domani non ci sarà certezza assoluta sui voti. La fotografia che ne esce è inattesa. Un brutto colpo per i conservatori del Pis. Una svolta a sorpresa che, se confermata dallo spoglio, potrebbe spingere la Polonia ad abbandonare la deriva sovranista e anti-Ue che l’ha caratterizzata per otto anni e ritornare ad un rapporto più conciliante con l’Unione europea.
A mezzanotte le principali agenzie e tv polacche danno il partito conservatore e nazionalista Diritto e Giustizia (PiS) guidato da Jaroslaw Kaczynski al primo posto con il 36,8%, circa sei punti sopra l’alleanza elettorale centrista ed europeista “Coalizione Civica” (Ko) dell’ex presidente del Consiglio Ue Donald Tusk che ha raccolto il 31,6%. Ma mentre il Pis si ferma a 200 seggi più altri 12 degli alleati dell’estrema destra di “Confederazione”, Tusk potrà contare su una maggioranza di 248 deputati al Sejm, la Camera bassa che è anche la più importante, considerando le alleanze con due partiti minori che si sono già dichiarati disposti a governare con lui.
“Il regno populista di Diritto e Giustizia è finito, il periodo cupo è finito”ha esultato Tusk ieri sera nella sede del suo comitato elettorale. “Hanno vinto la Polonia e la democrazia” ha aggiunto convinto che gli exit poll saranno confermati dallo spoglio.
Il Pis non ha la maggioranza in Parlamento
La Camera bassa conta 460 seggi. Per avere la maggioranza numerica ne servono almeno 231. Quella politica, per governare con un po’ di agibilità, ne pretende almeno 240.
In settimana il presidente polacco Andrzej Duda dovrebbe affidare l'incarico esplorativo al partito vincitore delle elezioni, il PiS di Kaczynski e del premier uscente Mateusz Morawiecki che, se confermati gli exit poll, avrà a disposizione duecento seggi. Troppo pochi. Anche perchè l’unico partito che, seppur riluttante, potrebbe accettare di allearsi col Pis è la “Confederazione”, l’estrema destra razzista, omofoba e ostile a Kiev, che però ha raccolto solo il 6,2% (12 deputati). Dunque Morawiecki accetterà l’incarico ma con 212 seggi non potrà mai trovare la maggioranza.
Diversa, invece, la posizione di Tusk. L’ex presidente del Consiglio Ue può già contare sulla neonata alleanza di centro-destra, si chiama “Terza Via” ed è composta dal Partito popolare polacco, di orientamento agrario, e da Polonia 2050 che ha un programma simile a quella di Ko e che avrebbe raccolto il 13%, ben 55 deputati. A cui vanno aggiunti i 30 dell’alleanza social-democratica, filo-Ue e progressista “La Sinistra” a cui si attribuisce l’8,6%.
Il rischio della beffa
Attenzione perchè quest’ultimo dato essere l’ago della bilancia che decide maggioranza ed opposizione.
Per le alleanze c’è una soglia di sbarramento pari all’8%. Se “La Sinistra” non dovesse raggiungere questa soglia e restare sotto l’8%, i suoi voti andrebbero tutti al PiS che a questo punto potrebbe vincere con voti che non solo non gli appartengono ma del tutto estranei alla propria area di riferimento. Alla faccia della rappresentanza in nome della quale si va a votare. Ma questa è la legge elettorale polacca: i voti inutilizzabili, di qualunque parte e area politica, vanno al partito più votato in assoluto. In questo caso il PiS.
Comunque vada, ma in base alle dichiarazioni di Tusk ieri sera e la fretta con cui già alle 22 al PiS hanno smontato la sala stampa questi exit poll dovrebbero essere assai affidabili, non c’è dubbio che la Polonia ha mandato un segnale politico inequivocabile e chiede la svolta rispetto a chi ha governato negli ultimi otto anni. Di tutto questo, per male che vada a Tusk, il PiS dovrà tenere conto.
Segnale inequivocabile
L’alternativa è spaccare il paese, immobilizzarlo per i prossimi anni. Dal 2015 il PiS si scontra con la Ue su ogni legge e iniziativa. Una tregua, se così si può chiamare, è intervenuta con la guerra in Ucraina perchè la Polonia si è fatta carico di milioni profughi ucraini. Il braccio di ferro con Bruxelles sta costando lo stop di fondi per miliardi.
L’Europa rimprovera all'attuale governo di Varsavia non solo le riforme che hanno politicizzato il sistema giudiziario e trasformato i media di proprietà statale in uno strumento di propaganda. Kaczynski e Morawiecki sono nel mirino anche per aver irrigidito ulteriormente la legge anti-aborto e per fomentare l’omofobia.
In campagna elettorale, Tusk aveva giurato di “riportare la Polonia in Europa” e di invertire quello che ha più volte descritto come “il corso illiberale del Paese” promettendo invece una Polonia aperta al dialogo con l’Europa unita e il mondo, tollerante, fedele ai diritti degli uomini e donne, sensibile ai problemi climatici e rispettosa dello stato di diritto. In ogni caso la formazione del governo richiederà tempo. Proprio per la distanza che può dividere un vincitore dalla maggioranza dei seggi.
Gli occhi di Bruxelles
Non c’è dubbio che del poker di elezioni - Spagna, Slovacchia, i lander tedeschi (dove è cresciuta molto l’estrema destra), Polonia e tra un mese l’Olanda - quello polacco fosse il risultato più atteso. Per quanto si stiano commentando exit poll e per il risultato finale si debba aspettare martedì, il Partito popolare europeo, la famiglia politica di Tusk, ieri sera ha voluto commentare il segnale politico. “La maggioranza dei polacchi ha votato per il cambiamento. Vogliono una Polonia forte, stabile e orientata al futuro nel cuore dell’Ue. I polacchi hanno scelto lo stato di diritto, tribunali e media liberi, un esercito apolitico e la democrazia. Hanno scelto l’Europa” ha scritto in serata su X il gruppo del Ppe. Bruxelles temeva come la peste una Polonia ancora di più orientata a destra. E questo sicuramente non è.
Bruxelles guarda alla Polonia e guarda anche se stessa. Il voto potrebbe infatti dare segnali importanti per le elezioni europee di giugno 2024. La consacrazione del Popolare Tusk che è stato presidente del Consiglio europeo, potrebbe tornare a dare lustro all’asse che regge il potere in Ue - la coalizione Ursula con Popolari, Socialisti e Liberali - gelando le ambizioni di chi da destra sta lavorando da mesi ad una maggioranza alternativa che vedrebbe il partito dei Conservatori - di cui Jaroslaw Kaczynski, e del premier uscente Mateusz Morawiecki sono azionisti di maggioranza e Giorgia Meloni presidente - alleato con il Ppe. Soddisfatti, infatti, anche i Socialisti europei che festeggiano il ritorno di una Polonia “democratica, aperta ed europea”: “L’Europa ha bisogno di avere Varsavia al suo centro”. Per il liberale di Renew Europe (Italia viva) Nicola Danti “la maggioranza europeista con popolari, centristi e sinistra” mostra che “il sovranismo è alle corde”.
E adesso Giorgia?
La domanda è come incasserà tutto questo Giorgia Meloni. La svolta politica, al di là del risultato elettorale, complica infatti anche i piani della premier italiana. Da notare come il Tg2 ieri sera desse Morawieski vincitore.
Dopo la sconfitta di Vox in Spagna, il piano di conquista europeo dei Conservatori “perderebbe” un altro alleato importante com i polacchi del Pis. O meglio, il contributo di voti e quindi di seggi nelle urne di giugno, rischia di essere non così alto come previsto. Fratelli d’Italia rischia invece di essere il partito che darò il contributo più alto ai Conservatori. Che farà dunque Giorgia Meloni? La premier ha già in animo di lasciare la presidenza di Ecr per eccesso di impegni. Non è una fuga. E’ una scelta corretta.
Di sicuro chi sguazza nel risultato polacco è ancora una volta Salvini che fa di tutto per far tornare a casa Meloni, cioè in I&D, la famiglia politica europea di Lega ma anche di Le Pen e dei tedeschi di Afd. Famiglia ostile a Forza Italia che è nel Ppe. Lo scenario che si apre è il seguente: o Meloni rompe in Europa con i Conservatori europei ed entra nella alleanza con Popolari e Liberali (e Socialisti?).
Oppure rompe con la sua maggioranza in Italia, si sposta a destra e fa uscire al centro Forza Italia.
Ecco perchè, una volta di più, a giugno sarà decisivo il voto al centro.