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Evento davvero memorabile a san Giuliano Terme il 25 luglio a partire dalle ore 18, all'interno del Fuori Festival di Montepisano Art Festival 2024, manifestazione che coinvolge i Comuni del Lungomonte pisano, da Buti a Vecchiano."L'idea è nata a partire dalla pubblicazione da parte di MdS Editore di uno straordinario volume su Puccini - spiega Sandro Petri, presidente dell'Associazione La Voce del Serchio - scritto  da un importante interprete delle sue opere, Delfo Menicucci, tenore famoso in tutto il mondo, studioso di tecnica vocale e tante altre cose. 

Che c'entra l'elenco del telefono che hai fatto, con .....
Le mutande al mondo non le metti ne tu e neppure Di .....
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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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di Roberto Sbragia - Consigliere provinciale di Pisa Forza Italia
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Una "Pastasciutta antifascista"
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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di Alessio Niccolai-Musicista-compositore, autore
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Il mare
con le sue fluttuazioni e il suo andirivieni
è una parvenza della vita
Un'arte fatta di arrivi di partenze
di ritorni di assenze
di presenze
Uno .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Cronaca di un viaggio di qualche ora a Dakar
La storia della 'Germani' in Africa
Un imprenditore bresciano spiega a Meloni che cosa è il Piano Mattei

2/11/2023 - 15:34

La storia della 'Germani' in Africa
Un imprenditore bresciano spiega a Meloni che cosa è il Piano Mattei

Cronaca di un viaggio di qualche ora a Dakar per rispettare una promessa fatta nel pieno della Pandemia


L’aeroporto è quello di Brescia Montichiari. La partenza è fissata sul presto, al mattino. Il charter è pronto sulla pista, quella lunga pista che meriterebbe più traffico e non solo cargo. Nell’aria ti accoglie un profumo che non è la fragranza migliore, un profumo che ti ricorda come in questa terra operosa non ci sia solo un PIL straordinario per la qualità delle imprese manifatturiere ma anche una ricchezza del mondo agricolo che qui è forte perché tiene insieme la tradizione e l’innovazione. Ma l’odore nell’aria, ci siamo capiti, è molto tradizionale e poco innovativo. Il progetto per il quale ci siamo radunati in un centinaio all’aeroporto invece profuma di futuro.
Un imprenditore bresciano, Mauro Ferrari, quasi tre anni fa, si innamora di una scommessa controcorrente. In piena pandemia, mentre i numeri della sua azienda di trasporto “Germani” continuano a crescere e l’Ebitda sale, decide di visitare il Senegal per capire se anziché assumere autisti e meccanici da Dakar, può iniziare un’attività di sviluppo in tutto il West Africa. Perché Ferrari è uno di quelli che credono davvero al principio “Aiutiamoli a casa loro”. E perché sa che il futuro delle aziende è nel mondo, non nel provincialismo di parte dell’industria italiana. Nel marzo 2021 accompagno Mauro, sua moglie Maria Paola e alcuni amici in visita a Dakar da Macky Sall, il Presidente della Repubblica e in quella fase anche alla guida dell’Unione Africana.

Ferrari promette a Sall che in due anni aprirà una sede con centinaia di dipendenti, decine di camion e un bell’investimento. Mi sembra troppo ottimista ma un po’ mi piace. Adoro chi rischia e chi si mette in gioco. L’obiettivo è fare business sfruttando le potenzialità immense dell’Africa e creare posti di lavoro in loco per evitare che tanti, troppi, tentino la fuga nel deserto con tutto quello che spesso succede (a proposito: avete visto il film di Garrone, “Io capitano”? Ecco ci siamo capiti).
A mia volta prometto a Ferrari che se il progetto andrà avanti, il giorno dell’inaugurazione sarò con lui a Dakar. Intendiamoci: il progetto mi piace ma non credo che sarà facile realizzarlo per la Germani. Quando lasciamo il Senegal nel marzo del 2021 il mondo è sotto la morsa dell’ennesima ondata del Covid. In Italia è appena andato a casa Conte sostituito da Draghi, viviamo con le mascherine, la guerra di terra in Ucraina sembra impossibile, l’Italia del CT Mancini non ha ancora vinto l’Europeo e perso il mondiale, la Raggi è ancora la Sindaca di Roma, la Merkel è ancora alla guida della Germania, in Afghanistan l’Occidente non ha ancora perso la faccia.

Mi sembra complicato che un imprenditore italiano riesca davvero a vincere le difficoltà interne, continuare a far fatturato in Europa e contestualmente aprire una sfida sotto il Sahara. Anche perché è un azzardo politico.


Il Senegal è uno dei Paesi più stabili e solidi ma l’annuncio della ricandidatura di Macky Sall per le nuove Presidenziali del 2024 ha causato scontri di piazza, coprifuoco, arresti.

Allo scopo di calmare gli animi, il Presidente ha deciso di rinunciare alla nuova candidatura, nonostante la comunicazione dei suoi non manchi di far notare come la crescita del Paese sia una delle più interessanti nello scenario africano. E in questa delicata cornice istituzionale, l’imprenditore bresciano conferma la sua tenacia e invia a Dakar il figlio Andrea, venticinquenne che anziché passare tutti i sabato sera a ballare con l’auto di papà parte con la fidanzata Angelica per realizzare un sogno. E il sogno prende forma partendo da una sede, con l’officina, il centro di formazione con le stanze per i formatori europei che si fermeranno qualche settimana per insegnare a guidare, la mensa, un servizio di accoglienza dei lavoratori più basato sugli standard europei che su quelli senegalesi. Arriviamo a Dakar con una delegazione numerosa di imprenditori. E ti rendi conto anche solo ascoltando i primi loro discorsi che in realtà quello strano non è chi investe e va in Africa.

Sono quelli che non ci vanno che perdono occasioni, purtroppo. Perché la crescita del continente è impressionante e servirebbe un sistema Paese in grado di organizzare una missione a settimana in tutte le realtà più interessanti. Siamo un Paese straordinario, abbiamo aziende fantastiche, i nostri lavoratori fanno la differenza. Non dobbiamo aver paura di fare ciò che sappiamo fare benissimo: business. Però servirebbe un piano organico.
Se penso che il famoso Aereo di Stato che avevamo comprato doveva fare una missione a settimana delle nostre piccole e medie aziende torno con la mente a quanto sia meschino il populismo simil grillino. E mi ricordo anche lo stupore dei più quando avevo deciso di iniziare come primo viaggio all’estero in un paese non europeo ma in Tunisia.

E ancora risuonano le critiche di chi mi accusava per essere stato il primo premier a scendere sotto il Sahara: dal Mozambico all’Angola, dal Kenya al Congo Brazzaville mi ero dedicato con insistenza a cercare di costruire ponti in Africa anche grazie ai suggerimenti delle grandissime aziende italiane, cominciando dall’ENI di Claudio Descalzi, Claudio l’Africano per gli amici. Immagino siano stati proprio i suggerimenti di Descalzi (chissà perché i manager che scegliamo noi finiscono per essere confermati anche dagli altri) ad indicare a Giorgia Meloni la possibilità di lanciare una suggestiva intuizione, il piano Mattei.

Quando nell’ottobre 2022 la Meloni aveva spiegato al Parlamento il proprio desiderio di lanciare un piano strategico in Africa, dedicandolo al fondatore dell’Ente Nazionale Idrocarburi, uno degli italiani più lungimiranti di sempre, in molti di noi avevano applaudito.

Ma mentre sono in volo per Dakar mi viene in mente l’atroce pensiero che il Piano Mattei al momento sia solo uno slogan. È trascorso più di un anno dall’insediamento dell’Esecutivo e siamo ancora al titolo del tema senza che nessuno ci abbia spiegato bene lo svolgimento. Eppure Mauro Ferrari e i suoi collaboratori il Piano Mattei non lo hanno discusso in fumose riunioni politiche. Semplicemente lo hanno fatto. È la grande storia dell’impresa italiana.
Mentre altri discutono di cosa funziona e cosa no, di come comportarsi e come no, di quali strategie adottare e quali no, accade che nella provincia più profonda fior di imprenditori fanno piccoli grandi capolavori chiamati piccole e medie imprese che hanno risultati pazzeschi. Ed è la storia della Germani in Africa.

Mentre a Roma discutono, a Brescia partono. Cento imprenditori, una comunità capace di scherzare e sorridere ma anche di fare le cose drammaticamente sul serio, prendono un charter e provano a capire come allargare la presenza italiana oltre la Germani. Dico oltre perché intanto Ferrari e i suoi hanno tirato su una sede che è perfetta anche nei dettagli. E l’investimento di oltre dieci milioni impone di correre, prendere commesse, creare lavoro. Ci sarà ancora da battagliare ma intanto l’azienda c’è. Macky Sall inaugura la sede tagliando il nastro soddisfatto e felice. Io mantengo la promessa e mi trovo in mezzo a un popolo che balla e a una delegazione italiana che brinda e che pensa. Le incognite sul futuro ovviamente ci sono. Come sempre, come dappertutto.

Ma c’è anche una certezza. E cioè che un medio imprenditore bresciano ha spiegato al Governo che il Piano Mattei c’è già. Altro che slide colorate. Il piano Mattei è già qui, in questo capannone della periferia di Dakar accanto all’aeroporto dove i calciatori campioni d’Africa sono stati accolti dalla folla festante qualche mese fa. Mentre torniamo in piena notte a Montichiari, arrivando all’aeroporto alle tre e raggiungendo Firenze in macchina quando già spunta l’alba rifletto su un suggerimento da mandare alla Premier. Se vuoi scrivere il piano Mattei, cara Giorgia Meloni, non chiamare burocrati e tecnici. Convoca a Palazzo Chigi quelli come Mauro Ferrari. Ascoltali. E prendi appunti come ho fatto io in questo viaggio. Perché la politica non deve sempre regolare e vessare gli imprenditori. Talvolta è sufficiente copiare le loro idee.


Matteo Renzi
Matteo Renzi (Firenze, 11 gennaio 1975) è un politico italiano e senatore della Repubblica. Ex presidente del Consiglio più giovane della storia italiana (2014-2016), è stato alla guida della Provincia di Firenze dal 2004 al 2009, sindaco di Firenze dal 2009 al 2014. Dal 3 maggio 2023 è direttore editoriale de Il Riformista




Fonte: Matteo Renzi — 2 Novembre 2023
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