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di Matteo Renzi, senatore e presidente di IV
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Da un'intervista a Maria Elena Boschi
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Pontasserchio, 18 luglio
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Pisa, 19 luglio
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Il mare
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Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
di Claudia Fusani
Il piano di Giorgia: capolista ovunque alle europee per cambiare la maggioranza e quindi le regole di bilancio

27/12/2023 - 9:57

Il piano di Giorgia: capolista ovunque alle europee per cambiare la maggioranza e quindi le regole di bilancio


L’ipotesi di guidare le liste in tutte e cinque le circoscrizioni delle elezioni europee di giugno. L’annuncio potrebbe arrivare proprio domattina nella conferenza stampa di fine anno. L’obiettivo è il 30%, quattro punti sopra le politiche, e far sedere i Conservatori nella nuova maggioranza a Bruxelles. A quel punto cambiare regole che rischiano di strozzare l’Italia. Ma ci sono alcuni ostacoli

C’è una sola via di uscita. Si chiama “vincere” le elezioni europee. E forse non basterà neppure quella. Il via libera al Patto di stabilità e crescita - le nuove regole fiscali dei 27 paesi Ue - e il fallo di reazione tutto italiano di dire no alla variazione del Mes, il fondo salva stati nella parte in cui prevede un paracadute contro le crisi bancarie, rischiano di mettere nell’angolo il governo di Giorgia Meloni. “Il Patto non ci soddisfa, è chiaro, troppo rigido nella parte del debito e del deficit” spiegavano fonti di governo a bocca stretta venerdì, subito dopo il via alla legge di bilancio in Senato. “La nostra via di uscita adesso è sperare di fare bene alle elezioni europee, molto bene, tentare di cambiare la maggioranza in Europa, sostituire i Socialisti con i Conservatori (Ecr, guidati da Giorgia meloni, ndr) e a quel punto mettersi al lavoro per cambiare nuovamente le regole”. Per questo Giorgia Meloni sarà quasi certamente capolista in tutte e cinque le circoscrizioni per le Europee.

La decisione potrebbe essere ufficializzata proprio domani nella conferenza stampa di fine anno (anche per battere sul campo titoli più problematici).  Un effetto traino - si spera - che non solo aprirà la strada ai secondi che magari avrebbero minori chance di passare ma che avrebbe l’obiettivo di issare Fratelli d’Italia al 30 per cento. Ben quattro punti sopra il risultato delle politiche del settembre 2022, un risultato in controtendenza dopo quasi un anno e mezzo a palazzo Chigi.
Il rischio
Ma se anche Fdi dovesse confermare e anzi migliorare il suo ottimo stato di salute, potrebbe non bastare per entrare nel governo dell’Unione, governare la Commissione e avere i commissari che contano. Avere insomma il potere contrattuale di rimettere sul tavolo regole e trattati e scriverne di nuovi. Per due motivi, almeno. Il primo, come ragiona a voce alta una fonte di Fdi, riguarda gli altri partiti che sto nei Conservatori (Ecr), a cominciare dal Pis polacco che era il più importante prima dell’exploit di Fratelli d’Italia: in base ai sondaggi ora disponibili, non farà  performance così alte da far crescere così tanto Ecr da poter sostituire i Socialisti in maggioranza. Insomma, per quanto assai performante, il successo di Giorgia potrebbe non bastare”. Il secondo motivo: il Ppe sarà sempre la forza dominante e i Liberali, cioè Macron, indispensabili per avere la maggioranza; il rischio è di fare bene ma essere determinanti al tavolo che conta. C’è un’altra opzione, la più realistica: che la maggioranza in Europa non cambi e che Fratelli d’Italia sia il partito di gran lunga il più votato in Italia, uno dei quattro paesi fondatori della Ue. Anche se non sarà in maggioranza, Giorgia Meloni sarà insomma il convitato di pietra a tutti i tavoli, impossibile non chiederle pareri che valgono più di un voto. Potrebbe anche, addirittura, decidere di votare la nuova Commissione pur restandone fuori. Come del resto ha già fatto il Pis cinque anni fa quando decise di votare Ursula von der Leyen. E’ l’unico modo per contare senza governare.

Le nuove regole in vigore da giugno
Insomma, quella per le Europee è una strategia obbligata  per Giorgia Meloni ma di incerto risultato. E il fatto è che da giugno in poi, dopo il voto quindi, le nuove regole sul debito e sul deficit entreranno in vigore. E a quel punto inizieranno i guai per l’Italia. Guai su cui dovrà iniziare oggi a dare risposte e soluzioni il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che oggi (ore 14) si presenterà davanti alla Commissione Bilancio e al  “plotone” delle opposizioni che hanno comunque presentato circa un migliaio di emendamenti. Ammirevoli: tutto tempo perso e lavoro sprecato perché la legge di bilancio starà in Commissione poche ore e nessuno potrà né discutere meno che mai votare qualcosa. Non c’è memoria di uno svuotamento di funzioni di un ramo della Camera così clamoroso. Da qualche anno prevale la tendenza a far discutere la legge più importante dello Stato da un solo ramo del Parlamento. Mai però i tempi sono stati così umiliati. E doveva essere la manovra “più veloce di sempre” come disse la premier Meloni a metà ottobre quando fu presentata.

Tutto si tiene: PSC, Mes e Manovra
Ufficialmente il ministro Giorgetti dovrà spiegare lo spirito e la ratio della legge di bilancio. Ma le domande saranno appunto sul Patto di stabilità e crescita (approvato mercoledì sera della scorsa settimana sull’asse franco-tedesco e l’Italia solo un rimorchio), e Mes che il giorno dopo, giovedì, il Parlamento dando seguito al volere di palazzo Chigi (ma non di Forza Italia) ha bocciato compiendo quello che è passato alle cronache come il più clamoroso e dannoso fallo di reazione dell’Italia rispetto all’Europa. Ora, per quanto si provi a dire il contrario, tutto si tiene: Psc, Mes e Bilancio. Giorgetti lo sa bene e sa bene di essere stato sconfessato come ministro dallo stesso Salvini e, a traino, da Meloni.  “Da ministro avrei detto sì al Mes, mi avrebbe fatto comodo, avevamo preso degli accordi e avrebbe facilitato altri fronti.  Ne prendo atto. Il Parlamento è sovrano ma è chiaro che per noi la situazione si complica” sono le ultime e anche uniche parole pronunciate dal ministro venerdì scorso, pochi minuti dopo l’approvazione della legge di bilancio al Senato. Le opposizioni ne hanno chiesto le dimissioni perché “umiliato” e “azzoppato”. Un suo passo di lato in questo momento è fuori di discussione (“con tutto il rispetto delle opposizioni, decido io se e quando dimettermi”) ma la sua è diventata una posizione molto scomoda. Le domande oggi inizieranno dalla manovra ma finiranno su Patto e Mes. Si temono le reazioni di Bruxelles che esce indebolita dal No italiano. Almeno due: un nuovo fondo salva banche tramite un Patto intergovernativo a 19 (hanno sottoscritto il Mes solo i paesi che hanno l’euro) esclusa l’Italia; strada sbarrata per la sede a Roma dell’Agenzia europea dell’Antiriciclaggio. Il prossimo 15 gennaio ci sarà una nuova riunione dell’Ecofin a Bruxelles e Giorgetti potrà capire l’aria che tira.


La manovra parte col “buco"

Poi arriveranno le domande sugli effetti di Psc e mancata ratifica del Mes sulla legge di bilancio italiana che la Camera approverà venerdì 29 dicembre. Gli effetti sui nostri conti pubblici rischiano di essere immediati. In base al nuovo Patto di stabilità l’Italia dovrà concordare con l’Unione europea il proprio percorso di bilancio dei prossimi anni. E dei prossimi mesi. A cominciare dal Documento di economia e finanza (Def) di aprile. Secondo il leader di Italia viva Matteo Renzi “la legge di bilancio è un falso di bilancio perché mancano almeno 17-18 miliardi”. Il ministro Giorgetti “ha firmato un patto di stabilità in cui c’è scritto che dobbiamo avere una curva di rientro della traiettoria debito/Pil dell'1% ma in questa legge si prevede una curva di rientro dello 0,1% nei prossimi anni. La differenza sono 17-18 miliardi. Nei numeri che votate oggi mancano 18 miliardi”. E questa manovra correttiva, almeno in parte, dovrà essere fatta per il Def di aprile. Se dovessimo poi allungare lo sguardo al 2025, sappiamo già che dopo il Def il governo si dovrà mettere al lavoro servono 18-19 miliardi per rinnovare le misure non strutturali come il taglio del cuneo fiscale e la promesse modifiche fiscali. Difficile immaginare dove prendere questi soldi visto che non riusciamo a calare con il debito. Una valutazione numerica degli effetti economici e quantitativi sulla crescita e sui bilanci pubblici richiederà tempo.

Sensazione tunnel
Secondo il commissario Ue Paolo Gentiloni i vincoli pretesi dalla Germania gravano sul Patto, e sull’Italia, ma alla fine per noi “le regole nuove sono sempre migliori di quelle vecchie”.  Secondo altri economisti l’Italia già nel 2024 “potrebbe essere sottoposta dalla Commissione a una procedura per deficit eccessivo (ovvero superiore al 3%) visto che nel 2023 è al 5,3% e nel 2024 potrebbe essere al 4,3%”. E’ già capitato ma le nuove regole fiscali  prevedono sanzioni vere e severe. E questo, se dovesse già accedere nel 2024, renderà più debole l’Italia e il suo colossale debito. Che non è previsto scendere nei prossimi due anni. La sensazione è di essere finiti in un tunnel.


di Claudia Fusani   27-12-2023 - 

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