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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Circolo ARCI Migliarino-6 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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Lo sfoglio.

6/1/2024 - 22:06



Alla fine dell'estate, quando ancora le serate erano tiepide e le scuole non ti costringevano ad andare a letto presto, c'era un duro lavoro da portare avanti nelle aie dei contadini: lo sfoglio del granturco.
Le pannocchie staccate a mano nei campi e raccolte in ceste di sfoglia di castagno, venivano portate con i carri dei buoi fino sullo smalto delle aie e fatte asciugare stese al sole per alcuni giorni.
Poi, una sera, tutti insieme, si procedeva a privarle delle foglie secche e ruvide e prepararle alla trebbiatura.
Chi aveva una sedia, chi un panchetto, chi un rotolo di legno fatto per poggiarvi le canne e i paletti da appuntare con il pennato, tutti si sedevano, per riposare le gambe gli uomini, per essere vicine le massaie che, finalmente, potevano parlare e ciarlare, tranquille di non portare via tempo ai lavori di casa e il cerchio si stringeva intorno al mucchio del granturco.
Man mano che questo calava ne crescevano due altri, quello più grande delle foglie e quello di gialle pannocchie che, per uno strano gioco dell'immaginazione, sembravano molto più pesanti ora che erano nude di quando avevano il rivestimento che le proteggeva.
Il lavoro veniva fatto di sera, non per motivi di raccolta o perchè la notte fosse un periodo più favorevole, ma perchè il pelo nero che è all'estremità delle pannocchie e le foglie rugose e durissime, provocavano un prurito fastidiosissimo che, se fosse stato aumentato anche dal sudore e dal calore del sole, sarebbe stata una vera tortura, specialmente per le donne anziane sempre vestite con quei gonnelloni lunghi e pesanti.
La fioca lampadina da 40, sopra la porta di casa, illuminava debolmente l'aia e i lavoranti, lasciando noi ragazzi giocare indisturbati nella zona d'ombra, saltando sulle sfoglie senza curarsi del fastidio della polvere, usando semmai come antidoto un'altra saltatina e rotolatina sul mucchio delle pannocchie sgusciate che davano un senso di freschezza con la loro finta scivolosità.
I grandi brontolavano, sia che si saltasse sulla paglia che sul granturco, ma solo per far valere l'autorità dell'anziano, danni non se ne facevano, tranne qualche pannocchia che si sgranava sotto i piedi i cui chicchi andavano poi raccolti uno per uno.
"Ma andate a giocà più 'nlà!" e noi, ubbidienti, via per i campi a cercar frutti, gongolando di quei giochi notturni ora permessi, ma così rari.
Quando si indolenziva la mano a qualcuna delle donne, per non perdere il ritmo del lavoro, veniva chiamato al suo posto un bambinotto che andava prima istruito su alcuni semplici, ma necessari, movimenti.
Afferrare la pannocchia, piegare indietro le estremità delle foglie, che poi foglie vere non erano, ma una specie di buccia, prenderle tutte insieme e tirarle con forza indietro fino a staccarle (come sbucciare una banana per Natale, quando ne vedevi una), lo scarto da una parte, la pannocchia dall'altra e ricominciare.
Il problema sorgeva quando la buccia era ben avviluppata, non spampanata, e i polpastrelli delle dita sembravano prendere fuoco nel tentativo di allargare le foglie che parevano diventate di cartavetra.
Ti veniva allora in aiuto un legnetto (si erano ben guardati di dartelo all'inizio) duro e appuntito, lungo una decina di centimetri, di pero o di stipa che, infilato di traverso fra foglia e pannocchia, strappava le brattere longitudinalmente allargandole per una più facile presa.
Chi non aveva il legnettino chiedeva il coltello al babbo e, avutolo con la promessa di non perderlo, con la scusa di cercare un cavicchio più duro e più dritto, scappava per il cortile tagliando di tutto, canne e foglie, legnini e legnetti, finché uno schizzo di sangue interrompeva la scorribanda e la testa infilata fra le gambe della mamma era rimedio affettuoso e necessario per il dolore e lo spavento, ma opportunistico per la protezione data dalle gonnelle di tu' ma' per non prendere le patte di tu' pa' arrabbiato nero.

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8/1/2024 - 9:22

AUTORE:
Anna Tomeo

Che bella grande che era l'aia del mio paese, era proprio sotto casa mia c'era la strada e difronte questo enorme spazio con muretto. Era il nostro ritrovo di ragazzi, il nostro spazio dove ritrovarsi a parlare di giorno e soprattutto di notte dove ci stendevamo sul muretto ad ammirare le stelle con la luna che la illuminava quando era piena che meraviglia!!!
Il giorno invece era sempre piena o di pannocchie da sfogliare o di ceci da battere per riporli per l'inverno.
sono tornata al paese non c'è più l'aia il suo posto è stato preso da una bella villetta ma l'incanto della notte e quell'odore di granturco e le risate e le voci di noi ragazzi non esistono più. Ora ci sono le buste di popcorn e i barattoli di ceci cotti.
Lelle