Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
La preghierina
O Dio der tetto e ppoi delle soffitte,
le beschie ‘or capo fitto di pelame
fa ch’un s’attacchin e restin nell’ugname
e fall’arègge’ e fall’anco sta zitte!
Fa’ ar mondo di zonzale gran piename
e ll’aria sia di mosche fitte fitte;
leva ‘velle ‘he prima s’erin scritte
tu che lla natura ciai a rreame!
Fa’ ‘r piacè’ di scassà’ dalla ‘artella
er nome che mmi rovina ‘r desinà’,
e cerca ‘varcosartro con la “strella”.
Io ‘un ce la faccio più a ssopportà’
nemmanc’un gocciolino di franella
cor coso sur davanti ...alla mi’ metà!
La preghierina
Un giovine pipistrello rivolge una supplica al suo Dio che, logicamente, non può dimorare se non nelle soffitte o sotto i tetti, luoghi prediletti da questi animaletti notturni. Data la caratteristica posizione di riposo dei chirotteri, tutti sapete che dormono pendoloni con le zampette attaccate a vecchi travicelli od altre sporgenze del sottotetto, siamo noi umani che sembriamo ai loro occhi stare capovolti e quindi è molto preoccupato per la nostra precaria posizione (fall’arègge’).
Dice poi che siamo inoltre molto rumorosi per le sue delicate orecchiette e siamo anche pericolosi perché (si dice!) i nostri capelli resterebbero impigliati alle piccolissime unghie che sono sulle articolazioni delle loro ali (ugname). Se poi al mondo, per un qualsiasi motivo, ci dovessero rimanere solamente poche bestie, queste dovrebbero essere solo le zanzare (zonzale) e le mosche e non certamente gli uomini.
Un’altra cosa che la bestiola chiede, e che sembra la stia moltissimo a cuore, è che dai libri di zoologia (dalla ‘artella) sia levato (scassà’), o quantomeno cambiato, il nome dato alla sua compagna.
Se lui è un PIPI-strello, maschietto dunque, non gradisce affatto amoreggiare (franella) con una femminuccia che si chiama PIPI-strella, una con lo stesso suo attributo genitale, quindi, sul davanti!
Fra curiosità e natura
"E mentre cercano rifugio una membrana per i rimpiccioliti arti si stende imprigionando le braccia in tenue velo. Come abbiano perduto la vecchia figura le tenebre celano. Non su penne si librano, ma su trasparenti ali; e quando tentano di parlare emettono una voce sottile sproporzionata al corpo, lamentandosi con sommessi squittii. In luoghi coperti, non nei boschi abitano, e detestando la luce di notte volano, il nome prendendo dall’ora vespertina".
Ovidio, nelle sue Metamorfosi, riportava la storia della trasformazione in pipistrelli delle tre figlie del re di Orcomeno, Minia.
Le tre giovani, Leucippe, Arsippe e Alcitoe, non intendevano venerare il dio Dionisio che, adirato, cercò prima di convincerle con prodigi attinenti al suo culto, (vino che cadeva dal soffitto, viti che nascevano dalle stoffe della casa, tamburelli che suonavano) e poi con ruggiti di belve e un terremoto che fece tremare il palazzo.
Le donne impazzirono dalla paura, uccisero e dilaniarono il figlio di una di loro e corsero sulla montagna per unirsi alle altre seguaci del dio, le Menadi, ma furono scacciate e tramutate in pipistrelli.
Ovidio dice che presero il nome dall’ora vespertina, infatti il nome latino di questo animaletto è “vespertilio”, da “vesper”, crepuscolo.
Era anche chiamato “nottola”, “vespertilione”, “vispistrello” e non ha mai goduto di popolarità e simpatia anche se è utilissimo all’uomo per l’enorme quantità di insetti nocivi che mangia.
Esopo in una favola narrava che, durante la guerra fra gli uccelli ed i quadrupedi, il pipistrello si alleava, ad ogni battaglia, con la parte che stava vincendo finché, scoperto, fu condannato a vivere solo la notte per la vergogna.
In un’altra favola invece elogiava la sua furbizia nell’occasione di una sua caduta a terra. Afferrato da una donnola, che dichiarò odiare tutti gli uccelli, il pipistrello si salvò giurando di essere un topo e, quando fu catturato da una seconda donnola che odiava invece i topi, riuscì a salvare di nuovo la pelle giurando di essere un uccello.
Veniva crudelmente inchiodato vivo sulle porte degli ovili, delle case, dopo avergli fatto fare tre giri intorno agli edifici e, in Francia, bruciato vivo per scaramanzia.
Solamente in oriente, nell’antica Cina, il pipistrello gode di una fama tale che la stessa parola, o carattere, “fu”, che lo indica, è la stessa di “felicità”. Cinque pipistrelli disposti a stella indicano le “cinque felicità”: ricchezza, longevità, tranquillità, culto della virtù e buona morte.
Il grande Leonardo da Vinci, sebbene abbia dato le ali da chirottero alla sua meravigliosa “macchina volante”, non amava i pipistrelli che erano, secondo un simbolismo medievale, sinonimo di lussuria.
Dice Leonardo: “Il palpistrello per la sua sfrenata lussuria non osserva alcuno universale modo di lussuria, anzi maschio con maschio, femmina con femmina, sì come a caso si trovano insieme, usano il loro coito”. Anche Dante ce l’aveva con il nostro amico. Fino ai suoi tempi i diavoli avevano avuto ali di aquila, come gli angeli, ma all’Alighieri venne in mente di descrivere Lucifero con questi attributi:
[...] Sotto ciascuna uscivan due grand’ali,
quanto si convenìa a tanto uccello:
vele di mar non vid’io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello…[...].
Povero animaletto, con mani dal pollice opponibile alle altre dita come gli umani, femmine con il flusso mestruale periodico e mammelle pettorali come le donne, maschi con il pene pendente come gli uomini, il bisogno di tutti di stare sotto un tetto; e noi si deve aver paura e cercare di scacciare un essere simile?
Chi si ricorda della piccola chiusura degli scurini delle finestre di un tempo? Era un pezzetto di legno fatto a goccia allungata e imperniato sul vertice più acuto, tanto che in posizione di riposo cadeva giù come un pipistrello nella sua posizione di sonno. Si chiamava “nottolo”, dal nome dell’animale che somigliava, abbinando il nome anche all’ uso che ne si faceva durante la notte.
Sono venuto a conoscenza in questi giorni di un importantissimo studio fatto da un pisano, Pietro Rossi, a proposito delle ricerche sul metodo di volo dei pipistrelli. Il Rossi, il 2 gennaio del 1794, fece costruire nel giardino dell’Orto Botanico di Pisa un chiuso di rete dove mise una serie di fili di spago appesi al soffitto e dove liberò un pipistrello cieco ed uno sano. Ambedue gli animali non urtavano nei fili.
Il 7 gennaio il pipistrello cieco fuggì da un buchino nella rete.