Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Ir nome ‘ngannino dell’amore
Proprio proprio nazzista ‘un si sentiva,
l’ebrei sì, l’aveva spaventati,
ma con loro la vita s’accaniva
e tanto ‘ danni…. ‘un erino contati!
Agile e vispa come una gazzella,
c’era però ‘ver nome da bimbetta
che la faceva scende’ dalla sella
quando cercava er maschio nella fretta.
A Mmarina attrappöo ciaffogava,
anco ‘n San Rossore ‘un ci fu ccristi,
quando… vidde un pittore ‘he lavorava.
Amori ‘osì ‘un s’erino mé visti,
trovato aveva ‘vello che cercava.
“Diacci però ll’amici dell’artisti!”
La sorpresa
È terminato il periodo di formazione della Scuola del Prato, sessione primaverile.
Il preside, Cervolante Scarabeo, consegna a tutti gli insetti, che si sono formati ed hanno studiato nell’erba, un attestato.
“Tocca ora alla signorina Cavalletta Salterina che si diploma con il massimo dei voti così distribuiti:
ginnastica 10,
bellezza 8 e mezzo,
appetito 10 e lode,
socievolezza 9
cattiveria 10 e lode.
Pertanto essa viene inscritta di merito negli insetti distruttori. Tanti auguri”
La Cavalletta saltella felice. Ora è grande, può volare con le sue amiche a far danni, limitati perché fa sempre un po’ freddino, e vedere nuovi posti. Si ricorda che sua nonna le raccontava degli ebrei, di quello che avevano in passato fatto loro a proposito di una certa ottava piaga in Egitto e di come era stato il destino di quel popolo fino al nazismo, parola che non riusciva ancora a comprendere, ma lei è una giovane cavalletta e si sente fremere tutta da un certo nonsoché che non è né politica né tanto meno storia.
La mamma le ha raccontato tutto sul sesso e su come si fanno i bambini e lei non vede l’ora di buttarsi nel vortice del mondo. Si guarda le agili lunghe gambe, il bel colorito verde brillante del corpo, controlla i grandi occhi sfaccettati di mille cristalli e si sente pronta.
Intorno ci sono bei maschioni di Locuste, aitanti, di un bel marrone fumé, ma disinteressati ad una “cavalletta”, una bimbetta.
“Mamma come mai nessun maschietto mi considera?”
“Ma perché sei piccolina, sei sempre una bimbetta!”
Quel nome che finisce in “etta” non le piace, troppo limitativo per poter arrivare dove vuole e allora decide di cercare dove il diminutivo non esiste.
Se lei “cavalletta” non la vuole nessuno, meglio passare subito al superlativo.
“Scusi signor Moscondoro Di Rosa, lei che gira tanto, lo sa dove sono i Cavalloni?
A Marina di Pisa?
È lontana?
Seguo l’Arno?
Grazie!”
Arrivata al mare, la nostra Cavalletta si butta vogliosa verso quella schiuma bianca che nasconde i tanto desiderati “Cavalloni”, ma non trova l’amore cercato, anzi, se non si aggrappa ad un provvidenziale barattolo che galleggia lì vicino, ci lascia anche la pelle.
Meglio scendere di definizione, abbandonare i Cavalloni e buttarsi sul semplice “Cavallo”.
“Scusi signor Bombo Peloso, lo sa dove sono e dove posso incontrare i Cavalli?
In San Rossore di là d’Arno?
Così vicini?
Traverso?
Grazie!”
“Belli, tanti, neri e bianchi, marroni e screziati, questo è il Paradiso! Io mi butto e comincio a baciare, mordicchiare e a far l’amore!”
Una valanga di lunghi peli si abbatte sulla povera Cavalletta scaraventandola lontano sull’erba e lasciandola tramortita. Quando riapre gli occhi vede un essere con le lunghe gambe simili alle sue, con il dorso colorato di verde, giallo, rosso come ha sempre sognato nel suo amore e ora è lì, rimirato e coccolato da un altro strano bipede brutto e peloso che tutti chiamano “pittore”.
“Chi sei tu, sei forse amore? Io sono Cavalletta Di Prato, e sono tua. Dimmi tu, chi sei?”
“Io sono Cavalletto di Pittore!”
“Cavalletto!!, Oh Cavalletto, dolce nome. Lo sapevo che ti avrei trovato! Ed io scema che sono andata a cercarti in mare, su altri mondi e tu eri qui, immobile ad aspettarmi, anima mia, dolce amore, ora finalmente scoprirò anch’io cosa vuol dire essere amata e desiderata e rimetterò tutto il tempo perso!”
La giovane si butta attaccata alle zampe dell’amato, freme, si agita, mugola, chiama Cavalletto con la voce che esce a stento dalla gola riarsa dal desiderio, si scuote in una maniera che se la vedesse sua madre sarebbero dolori, ali che vibrano, artigli che graffiano, ansimare, il ventre le duole dallo spasimo, ma lui…… niente!
“Sarà la tensione, vero caro? Cerca di calmarti tesoro, non è
niente, non aver paura.”
Poi, fra sé e sé:
“Me l’avevin detto ‘he ll’artisti en tutti un po’ diaccini, mah, speriamo bene, sennò mi sa di fa’ lla fine di ‘vella der Taralla, ......
‘vella ‘he morì senz’assaggialla!”