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In questo nuovo articolo di Franco Gabbani viene trattato un argomento basilare per la società dell'epoca, la crescita culturale della popolazione e dei lavoratori, destinati nella stragrande maggioranza ad un completo analfabetismo, e, anzi, il progresso culturale, peraltro ancora a livelli infinitesimali, era totalmente avversato dalle classi governanti e abbienti, per le quali la popolazione delle campagne era destinata esclusivamente ai lavori agricoli, ed inoltre la cultura era vista come strumento rivoluzionario. 

Sei fuori tema. Ma sappiamo per chi parli. . .
. . . non so se sono in tema; ma però partito vuol .....
Quelle sono opinioni contrastanti, il sale della democrazia, .....
. . . non siamo sui canali Mediaset del dopodesinare .....
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Pensiero Prismatico
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di Riccardo Maini
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San Giuliano Terme, 18 maggio
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Pisa: quartiere delle Piagge
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Pisa, 16 maggio
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Credevo di riuscirci mare
Ma non ti potei solcare
Ma è vero giuro è vero
Pur cambiando la vela e mura
Se gira il vento dritta
Al cuore
Per amarti .....
La Proloco di San Giuliano Terme, attenta alla promozione e alla valorizzazione dell'ambiente indice il concorso "il giardino e il terrazzo più bello" .....
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La mia nonna Ines n.14

15/3/2024 - 8:04


Eroine silenziose.

 

Siamo nell'autunno del 1944 a Filettole, un paesino immerso tra le dolci colline al confine tra Lucca e Pisa. Le truppe tedesche stanno ripiegando verso nord, incalzate dall'avanzata degli alleati. Quasi tutte le vie di collegamento sono distrutte. I ponti sul Serchio e sull'Arno sono crollati, bombardati tempo prima dalle fortezze volanti degli americani, o dopo dalla ritirata dei tedeschi.

Il cibo, l'acqua e i medicinali sono scarsi e vanno barattati o trovati nei modi più rocamboleschi.è in questo contesto che una giovane madre di nome Ines, classe 1916, deve procurarsi il latte per il suo bimbo piccolo. Non se ne trova vicino: una mucca c'è ma è malata e per questo il suo latte non è buono. Un'altra mucca, in salute, ci sarebbe ma si trova a Lucca, al di là del fiume Serchio. Non è un grande fiume e i barcaioli si sono attrezzati per traghettare la gente da un lato all'altro, tramite una grossa catena tirata tra le due sponde.è un giorno come un altro e Ines deve attraversare il fiume: non può farne a meno e attende sulla riva. Barcaioli non ce ne sono, solo uno dalla sponda opposta che non ha intenzione di attraversare: il fiume è in piena, la corrente è molto forte e i gorghi si rincorrono uno di seguito all'altro.

L'acqua è torbida e verdastra.

Una barca però c'è anche se senza timoniere, ormeggiata vicino alla catena. Dall'altro lato, il traghettatore le fa cenno di prenderla. Ines decide di provarci, non ha scelta. Fa freddo e lei indossa un grosso cappotto e un paio di guanti di buona fattura. Non c'è tempo da perdere, deve andare, a casa il bimbo piange per la fame. Sale sulla barca, si aggrappa con forza alla catena e comincia a tirare, un braccio alla volta, senza mai perdere il contatto con il ferro.

Lentamente, la barca si muove verso il centro del fiume, lei vede il suo obiettivo più vicino, si dà animo e avanza lentamente. Ma la corrente incomincia a diventare più forte e lei tira con più forza senza mai lasciare la grossa catena di ferro. La barca prende slancio e scivola sempre più veloce sull'acqua. Ines capisce che non deve lasciare la presa, altrimenti la corrente la trascinerebbe via; è quasi a metà: non può, e non vuole, tornare indietro.Avanza caparbia, sempre con più forza, perché la corrente è sempre più irruenta. Arrivata a metà del fiume, la barca comincia a girare su se stessa: una volta, due, tre, quando da un lato, quando dall'altro. Diventa una trottola impazzita.

Ines non può cedere, lo capisce, anche se la sua forza comincia a scemare. I muscoli sono tesi fino allo spasimo ma lei sa che tenere la presa fa la differenza fra la vita e la morte, allora cerca di tirare con più energia ma la catena le si è attorcigliata intorno alle mani. Un dolore lancinante le attraversa le braccia ma lei non può mollare: deve prendere il latte, deve vivere e continua a tirare con la forza della disperazione.

I mulinelli non le danno tregua, dai guanti comincia a scorrere un liquido caldo: è sangue. Le dita sono schiacciate dalla catena avvolta sulle sue mani. Il ferro le comprime senza pietà, le schiaccia, le deforma e stride quando non le trova. Il dolore diventa insopportabile, ma lei sa che non deve mollare.

Tira, stringe i denti, riesce a superare il punto più critico. Il sangue continua a colare attraverso i guanti ma la barca nel frattempo si è raddrizzata e la corrente diminuisce, come la forza di Ines, mia nonna.

Non sa neanche lei come è riuscita ad arrivare a pochi metri dall'altra sponda del fiume.

Il traghettatore, che ha seguito tutto, le urla:" Venga! ancora pochi metri, poi l'aiuto io."Mia nonna risponde fra sé e sé, non ha la forza di urlare: " Grazie ma ormai mi sono aiutata da sola", e tira fino a coprire gli ultimi metri: sfinita, sanguinante ma arrivata al suo obiettivo. 

 

Questo è il racconto ripetuto tante volte, insieme a tanti altri episodi, da mia nonna, tanto che ormai li conosco a memoria: stesse parole, stesse pause, come spesso accade agli anziani nel ricordare. Li ho incamerati nella mia mente e ora sono diventati miei. Sono piccoli ricordi personali che però si intrecciano con i grandi eventi storici dell'umanità, come una guerra mondiale. Credo sia giusto non perderne la memoria, perché la storia è fatta anche da piccole imprese quotidiane, compiute da eroine sconosciute e silenziose.

Claudia Liguori



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