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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
La mia nonna Ines n.14

15/3/2024 - 8:04


Eroine silenziose.

 

Siamo nell'autunno del 1944 a Filettole, un paesino immerso tra le dolci colline al confine tra Lucca e Pisa. Le truppe tedesche stanno ripiegando verso nord, incalzate dall'avanzata degli alleati. Quasi tutte le vie di collegamento sono distrutte. I ponti sul Serchio e sull'Arno sono crollati, bombardati tempo prima dalle fortezze volanti degli americani, o dopo dalla ritirata dei tedeschi.

Il cibo, l'acqua e i medicinali sono scarsi e vanno barattati o trovati nei modi più rocamboleschi.è in questo contesto che una giovane madre di nome Ines, classe 1916, deve procurarsi il latte per il suo bimbo piccolo. Non se ne trova vicino: una mucca c'è ma è malata e per questo il suo latte non è buono. Un'altra mucca, in salute, ci sarebbe ma si trova a Lucca, al di là del fiume Serchio. Non è un grande fiume e i barcaioli si sono attrezzati per traghettare la gente da un lato all'altro, tramite una grossa catena tirata tra le due sponde.è un giorno come un altro e Ines deve attraversare il fiume: non può farne a meno e attende sulla riva. Barcaioli non ce ne sono, solo uno dalla sponda opposta che non ha intenzione di attraversare: il fiume è in piena, la corrente è molto forte e i gorghi si rincorrono uno di seguito all'altro.

L'acqua è torbida e verdastra.

Una barca però c'è anche se senza timoniere, ormeggiata vicino alla catena. Dall'altro lato, il traghettatore le fa cenno di prenderla. Ines decide di provarci, non ha scelta. Fa freddo e lei indossa un grosso cappotto e un paio di guanti di buona fattura. Non c'è tempo da perdere, deve andare, a casa il bimbo piange per la fame. Sale sulla barca, si aggrappa con forza alla catena e comincia a tirare, un braccio alla volta, senza mai perdere il contatto con il ferro.

Lentamente, la barca si muove verso il centro del fiume, lei vede il suo obiettivo più vicino, si dà animo e avanza lentamente. Ma la corrente incomincia a diventare più forte e lei tira con più forza senza mai lasciare la grossa catena di ferro. La barca prende slancio e scivola sempre più veloce sull'acqua. Ines capisce che non deve lasciare la presa, altrimenti la corrente la trascinerebbe via; è quasi a metà: non può, e non vuole, tornare indietro.Avanza caparbia, sempre con più forza, perché la corrente è sempre più irruenta. Arrivata a metà del fiume, la barca comincia a girare su se stessa: una volta, due, tre, quando da un lato, quando dall'altro. Diventa una trottola impazzita.

Ines non può cedere, lo capisce, anche se la sua forza comincia a scemare. I muscoli sono tesi fino allo spasimo ma lei sa che tenere la presa fa la differenza fra la vita e la morte, allora cerca di tirare con più energia ma la catena le si è attorcigliata intorno alle mani. Un dolore lancinante le attraversa le braccia ma lei non può mollare: deve prendere il latte, deve vivere e continua a tirare con la forza della disperazione.

I mulinelli non le danno tregua, dai guanti comincia a scorrere un liquido caldo: è sangue. Le dita sono schiacciate dalla catena avvolta sulle sue mani. Il ferro le comprime senza pietà, le schiaccia, le deforma e stride quando non le trova. Il dolore diventa insopportabile, ma lei sa che non deve mollare.

Tira, stringe i denti, riesce a superare il punto più critico. Il sangue continua a colare attraverso i guanti ma la barca nel frattempo si è raddrizzata e la corrente diminuisce, come la forza di Ines, mia nonna.

Non sa neanche lei come è riuscita ad arrivare a pochi metri dall'altra sponda del fiume.

Il traghettatore, che ha seguito tutto, le urla:" Venga! ancora pochi metri, poi l'aiuto io."Mia nonna risponde fra sé e sé, non ha la forza di urlare: " Grazie ma ormai mi sono aiutata da sola", e tira fino a coprire gli ultimi metri: sfinita, sanguinante ma arrivata al suo obiettivo. 

 

Questo è il racconto ripetuto tante volte, insieme a tanti altri episodi, da mia nonna, tanto che ormai li conosco a memoria: stesse parole, stesse pause, come spesso accade agli anziani nel ricordare. Li ho incamerati nella mia mente e ora sono diventati miei. Sono piccoli ricordi personali che però si intrecciano con i grandi eventi storici dell'umanità, come una guerra mondiale. Credo sia giusto non perderne la memoria, perché la storia è fatta anche da piccole imprese quotidiane, compiute da eroine sconosciute e silenziose.

Claudia Liguori



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