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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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A cura di Erminio Fonzo
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
Dal Blog di Bizzifer
Minniti: “Impediamo allo Stato islamico di riprendersi lo scettro del terrore”

26/3/2024 - 15:09


Minniti: “Impediamo allo Stato islamico di riprendersi lo scettro del terrore”

Ottima intervista a Minniti. I rischi elencati sono molteplici e gravi conseguenze potrebbero portare, a tutti. Il coinvolgimento di gran parte delle nazioni del mondo, nella lotta a questo dannato terrorismo, non è opportuno ma necessario. Se non si abbandonano i sogni di egemonia e assolutismo ideologico o religioso o economico, sarà dura veramente. Certo, ora Putin, per esempio, potrebbe sfruttare questo orribile misfatto per inasprire, a sua volta, l’accanimento verso l’Ucraina, che sembra del tutto estranea al fatto. Brutta storia. “”Senno, sei fuggito dalla umana gente, per andare tra le bestie”” (Shakespeare, dal “Giulio Cesare”). E A CHI DICE ! Ma esiste ancora MINNITI? Esiste CARI, e dovrebbe ricoprire ben altri ruoli. Il miglior Ministro degli Interni degli ultimi 20 anni, giudicato non abbastanza “di sinistra” perché faceva bene il suo lavoro, che prevede severità. Poiché non predicava tolleranza e perdono verso chi delinque, fu giudicato fascio e candidato in un collegio impossibile.Il mondo al contrario. Cordialità 
Il presidente di Medor: “Mai il mondo così diviso, un’altra Sarajevo è possibile. Serve un nuovo ordine basato su lotta al jihadismo e clima”
A rileggere oggi “Il nemico invisibile”, rapporto dell’autunno 2023 della fondazione Medor, di cui Marco Minniti è presidente, la strage di Mosca era una di quelle profezie scritte nelle cose che avevamo di fronte agli occhi. E che bastava solo voler guardare. “Appare sempre più evidente – si leggeva in quelle pagine – che le vicende connesse alla guerra in Ucraina aprono risvolti anche per l’evolversi del terrorismo di matrice jihadista”. È dunque così? Era scritto dovesse accadere? «Purtroppo sì. E questo, ci tengo a dirlo di fronte all’orrore di queste ore terribili, fa sì che il mio pensiero, e ritengo quello di ogni democrazia, debba idealmente stringersi al popolo russo. Perché il terrorismo non va giudicato in ragione dei suoi obiettivi e delle sue vittime, ma merita una condanna assoluta».
«Distinguerei due ordini di ragioni. Il primo: ci sono due conflitti in corso, Ucraina e Gaza, e in tempo di guerra il terrorismo, per parafrasare Mao Tse-tung, si muove come un pesce nell’acqua. Islamic State aveva bisogno di un atto eclatante nella sua ferocia per rivendicare la sua identità e riaccendere, insieme alla sua capacità di reclutamento, spinte emulative. Il secondo: Hamas, Hezbollah, gli Houti e Islamic State condividono una medesima pratica terroristica ma hanno dimensioni identitarie diverse e in competizione tra loro. Nel momento in cui Hamas, Hezbollah e Houti si stringono in quello che hanno battezzato come “l’asse della resistenza”, per quanto blasfemo il sostantivo “resistenza” possa apparire accanto a queste sigle, e nel momento in cui gli Houti portano a compimento nel Mar Rosso la strategia che per prima era stata teorizzata da Islamic State, quella del “collo di bottiglia” per strozzare il commercio mondiale, ecco allora che Islamic State aveva bisogno di ritrovare il centro del palcoscenico mondiale del terrore con un atto eclatante. E la Russia era l’obiettivo perfetto». Per quale motivo? «Innanzitutto per una ragione di ordine logistico. La sconfitta militare di Islamic State non consentiva di colpire nel cuore dell’Europa facendo ricorso ai cosiddetti “lupi solitari”. Al contrario, consentiva invece di colpire lì dove esiste un retroterra operativo consolidato, a Est. E in un Paese impegnato in guerra come la Russia, dove dunque la sorveglianza interna inevitabilmente si allenta. Il secondo motivo ha a che fare con ciò che la Russia ha rappresentato e rappresenta per lo jihadismo islamista. E mi spiego: la vicenda cecena è una ferita ancora drammaticamente aperta e il ruolo da macellaio di Kadirov in Ucraina ha tenuto viva la fiamma della vendetta. Per non parlare del ruolo militare avuto dalla Russia di Putin in Siria».Una punizione per Putin? «Direi un colpo alla sua strategia di rilancio nazional-imperialista, di cui le recenti elezioni presidenziali, scorrette e non libere, dovevano essere la pietra angolare. Diciamo così: la strage del Crocus City Hall rappresenta, drammaticamente, un contrappunto della Storia perché vede l’uomo che ha scommesso sulla destabilizzazione degli equilibri geopolitici del mondo rimanerne vittima. E si consuma nel momento in cui la Russia, in ragione del conflitto in Ucraina, è percepita dall’Occidente come nemica e dunque con un Occidente meno pronto e disposto alla risposta». Se si deve stare alle reazioni di queste prime ore del Cremlino, una strada Putin l’ha individuata. Una narrazione che tiene insieme lotta al terrorismo ma anche l’Ucraina come asserito “Paese rifugio” del commando che ha colpito a Mosca. «Non c’è alcun dubbio che Putin tenterà di rianimare un legame con il popolo russo costruito sulle stesse fondamenta in cui affondano le origini della sua avventura politica. A una Russia che usciva dalla dissoluzione dell’Unione sovietica Putin propose l’epica dell’uomo forte in grado di proteggere il Paese e restituirgli il posto che meritava nel mondo. E funzionò. La strage di venerdì gli offre l’opportunità di fare la stessa cosa. Anche nella prospettiva di un’ulteriore escalation del conflitto con l’Ucraina. E questo a dispetto del fatto che non vi siano spazi per ipotizzare una responsabilità ucraina, dal momento che, in questi due anni e mezzo, Kiev è stata e resta estranea a ogni logica terroristica. Per il semplice motivo che gli ucraini sono un popolo e uno Stato in lotta per difendere la propria libertà, di cui il terrorismo è la negazione». Quali effetti diretti o indiretti la strage di Mosca può avere sull’Europa, anche in termini in rischio? «Nonostante la percezione che oggi se ne ha, Mosca è nell’Europa. E questo ci dice che la strage potrebbe potenzialmente riaccendere cellule in sonno nel nostro continente. Perché se è vero che Islamic State non ha più una direzione strategica dopo la sua disfatta militare è altrettanto vero che conserva un network di comunicazioni intatto. Come dimostra il messaggio con cui, nel gennaio scorso, un post in rete invitava, sotto l’immagine di una sala concerti, a colpire “il lussurioso godimento dei miscredenti”. Inoltre, dobbiamo sapere che in Africa e in Afghanistan abbiamo numerose varianti autoctone di Islamic State oggi impegnate in guerre civili, ma domani pronte a rivolgere il loro sguardo verso l’Europa. Infine, e non certo per importanza, credo che il dato di preoccupazione maggiore vada individuato nell’impossibilità di immaginare oggi quello che fu possibile nel 2015. E mi riferisco a una grande coalizione contro il terrorismo islamista».Perché? «Perché il mondo non è mai stato così diviso. Perché persino Russia e Cina sono divise da un diverso orizzonte strategico. Perché il vecchio ordine mondiale è irrimediabilmente finito». E dunque? «Il mondo non può sicuramente abituarsi all’idea di una “caoslandia” perché questo aumenterebbe vertiginosamente i rischi di un conflitto mondiale. Non dimentichiamo mai, infatti, la situazione del mondo alla vigilia del primo conflitto mondiale e della natura preterintenzionale della sua deflagrazione. In un mondo privo di ordine, una nuova Sarajevo è possibile. A meno che non muti prospettiva e asse di ragionamento». Come? «In un nuovo ordine mondiale, che per forza di cose sarà multipolare, sarà necessario aumentare la cooperazione e diminuire la competizione. E i due capisaldi della cooperazione non possono che essere la lotta al terrorismo e ai cambiamenti climatici. Inoltre, un nuovo ordine mondiale non potrà che coinvolgere quello che chiamiamo il “global South”. Mi riferisco a quei Paesi che un tempo chiamavamo “non allineati” e che hanno fatto la fila lo scorso anno alla riunione della Shanghai Cooperation organization e alla riunione dei Brics per contare nel mondo che ci attende. Naturalmente, perché questo accada – e torno alla nostra drammatica attualità – è necessario evitare che si compia qualcosa che impedirebbe irrimediabilmente questo processo». A cosa si riferisce? «Sono un amico di Israele. Da sempre. Ma se l’attuale leadership israeliana decidesse di attaccare Rafah, questo comprometterebbe per lungo tempo il rapporto con i Paesi arabi moderati, senza il cui ruolo decisivo non saremmo mai riusciti a sconfiggere militarmente e politicamente Islamic State. Perdere i Paesi arabi moderati significherebbe aprire una nuova stagione di radicalismo, religioso e di valori, scatenando così una tempesta perfetta. Che solleciterebbe le masse dei Paesi arabi moderati a spingere per un conflitto con Israele. Non rassegniamoci all’idea che questo accada».
Ottima intervista a Minniti. I rischi elencati sono molteplici e gravi conseguenze potrebbero portare, a tutti. Il coinvolgimento di gran parte delle nazioni del mondo, nella lotta a questo dannato terrorismo, non è opportuno ma necessario. Se non si abbandonano i sogni di egemonia e assolutismo ideologico o religioso o economico, sarà dura veramente. Certo, ora Putin, per esempio, potrebbe sfruttare questo orribile misfatto per inasprire, a sua volta, l’accanimento verso l’Ucraina, che sembra del tutto estranea al fatto. Brutta storia. “”Senno, sei fuggito dalla umana gente, per andare tra le bestie”” (Shakespeare, dal “Giulio Cesare”).

 
 
 
 
 




 




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