Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Il mio regalo di compleanno a Istanbul, la città dei gatti (e dei cani)
Il raggiungimento dei sessant’anni va festeggiato, è il superamento del mezzo secolo, è la finestra verso un’età ancora più adulta che lentamente inizia a cambiare prospettiva, a volte con desideri che neanche ti sognavi da giovane! Infatti, nei miei pensieri per il futuro, ci sono viaggi che guardano all’Asia, al Medio ed Estremo Oriente, Paesi che vorrei visitare finché ho ancora dentro questo grande entusiasmo ed energia, luoghi che richiedono calma e lentezza per essere assaporati.
Il giorno di Pasqua, insieme ad una carissima amica, sono partita per Istanbul. Inizialmente avevo intenzione di regalarmi un trekking in Cappadocia, poi Anja non voleva stare fuori troppi giorni e quindi la scelta si è orientata verso un soggiorno in città, dove però non è mancato il ‘trekking cittadino’.
Istanbul è una città che mi ha rapita all’istante, ancora ci penso e mi chiedo cosa esattamente ho trovato di tanto ammaliante da sentire il desiderio di volerci tornare presto per ripercorrere alcuni quartieri e per godermeli con meno fretta e più concentrazione, per approfondire il sentimento di appartenenza che ho sentito arrivando lì.
E’ interessante la sua geografia, con il Corno d’Oro (un’insenatura lunga 7 km a forma di corno) che divide in due la parte europea, ovvero l’antica Bisanzio-Costantinopoli a sud, dalla colonia genovese di Pera-Galata a nord. Mentre al di là dello stretto del Bosforo si trova la parte asiatica della città. Inoltre Istanbul come Roma sorge su 7 colline, che si trovano tutte nell'attuale distretto di Fatih, ovvero l’antica Costantinopoli.
Arrivando in fine giornata, l’aereo ha sorvolato dapprima la città, poi è entrato nell’area del Bosforo e lo ha percorso fino al Mar Nero, dove è rientrato verso terra volando sopra un’area montagnosa dove si scorgevano dei piccoli laghi, fino ad atterrare al nuovo aeroporto Sabiha Gökçen, che si trova nella parte asiatica, a circa 50km dal centro città che abbiamo raggiunto poi in taxi in circa un’ora.
Eravamo alloggiate in un piccolo albergo a Sultanahmet (uno dei 57 quartieri di Fatih, l’antica Costantinopoli, che deve il nome al sultano ottomano Fatih Sultan Mehmed, ovvero Mehmed il Conquistatore), dove si trovano monumenti di grande importanza quali la Moschea Blu, la Basilica di Santa Sofia e la Cisterna Basilica, solo per citarne alcuni.
E’ in questo quartiere che si è concentrata la nostra prima giornata di visite, con l’ingresso alla Sultanahmet Camii, ovvero la Moschea del Sultano Ahmed, meglio conosciuta con il nome di Moschea Blu, dove più di 20.000 piastrelle di ceramica turchese adornano le pareti superiori e la cupola della moschea, il tutto in un insieme armonico e di grande bellezza. La Moschea Blu possiede sei minareti e si affaccia sull’Ippodromo, la grande piazza che una volta era luogo di gara e centro di assembramenti politici; oggi vi si trovano musei e monumenti, insieme ad alberi e aiuole curate, una grande fontana sul fianco della moschea e giardinetti che la sera erano occupati da gruppi di persone, famiglie e giovani, che si radunavano per la cena, un vero pic-nic con tanto di copertine, tavolini e sedie pieghevoli, borse frigo e tanto cibo da condividere. Non so se è un’abitudine quotidiana, ma erano i giorni del Ramadan e probabilmente si trovavano lì per l’unico pasto della giornata.
Visto che per visitare la Basilica di Santa Sofia c’era una lunga fila di visitatori, abbiamo deciso di andare prima alla Yerebatan Sarnıcı, ovvero la Cisterna Basilica, che deve il suo nome al fatto che venne realizzata nei sotterranei di una antica basilica di cui oggi non restano tracce. E’ anche conosciuta come ‘Palazzo Sommerso’, infatti si scende in un sotterraneo ed è una delle cisterne più importanti di Istanbul, eretta da Giustiniano I per rifornire il Gran Palazzo. Al suo interno si trovano 336 colonne alte ciascuna 9 metri, con stili molto diversi tra loro perché vennero impiegati materiali provenienti da antiche strutture e monumenti, due di queste hanno alla loro base un’enorme testa di Medusa. La Cisterna Basilica è un luogo molto suggestivo, le luci sono soffuse, l’acqua ha un colore verde-azzurrino, si cammina su delle passerelle e, nonostante i turisti, si avverte comunque l’atmosfera tranquilla e pacifica rispetto a quello che c’è fuori.
Dopo la visita ci siamo dirette al Gran Bazar, uno dei mercati più grandi e antichi al mondo, basti pensare che vi si accede attraverso ben 22 porte per 64 vie piene di migliaia di negozi, dai dolciumi ai tappeti, dall’artigianato ai vestiti, da farsi venire il mal di testa anche se, fortunatamente, ci siamo arrivate in un momento abbastanza tranquillo. Uscendo da una di queste porte ci siamo ritrovate non distanti dalla Moschea di Suleymaniye, una moschea imperiale ottomana di Istanbul costruita tra il 1550 e il 1557, da cui si può godere di una bellissima vista sul Bosforo.
Da qui siamo scese al Bazar delle Spezie o Bazar Egizio, anche questo uno dei mercati più antichi di Istanbul, molto noto per la vendita dei prodotti locali come spezie, dolci o frutta secca. È vero che c’è molta varietà e che i commercianti amano discutere sui prezzi, ma abbiamo sentito che erano comunque molto turistici e non ci ha ispirato alcun acquisto.
Stanche della nostra prima intensa giornata, sulla via del ritorno abbiamo voluto verificare la situazione per l’ingresso a Santa Sofia e con nostra grande sorpresa la fila era ragionevole, per cui abbiamo terminato in bellezza la nostra full immersion in questa magica città. Aya Sofya, come la chiamano i turchi, è il simbolo di Istanbul: edificata da Giustiniano tra il 532 e il 537, è un magnifico esempio di arte bizantina. Fu sede papale tra il 1204 e il 1261, poi adibita a moschea sotto la dominazione dell’Impero Ottomano quando venne dotata di 4 minareti; nel 1935, Atatürk (fondatore e primo Presidente della Repubblica Turca) la trasformò in museo fino a che, nel 2020, è tornata ad essere una moschea. La sua imponente cupola ha un diametro che supera i 30 metri, ci sono enormi medaglioni decorativi e colonne monolitiche di grande bellezza, sulle pareti splendidi mosaici. Da metà gennaio di quest’anno l’ingresso è a pagamento (25 euro) e gli spazi aperti ai visitatori sono quelli del primo piano; affacciandosi si può ammirare la grandiosità di quest’opera sublime, e guardando in basso si vede l’area di preghiera della moschea, dove non mancano mai bambini che corrono, che giocano e si rotolano a terra. Come ci hanno spiegato poi, i bambini e i gatti sono esseri puri e innocenti e hanno diritto ad entrare in moschea e, nel caso dei bambini, di comportarsi da tali.
Volendo visitare la parte più integralista della città (Fatih, Fener e Balat, dichiarate dall’Unesco “Patrimonio dell’umanità”), fuori dai classici percorsi turistici, abbiamo deciso di farlo con una guida locale, e questo è stato il regalo di compleanno che ho scelto tra le varie proposte da parte di Anja. Una giornata veramente intensa e ricca di informazioni da parte di Çağlar, la nostra guida che ci ha allietate con la storia della città e vari altri aneddoti. È stato lui a confermarci (casomai non ce ne fossimo accorte) che “Qui siamo tutti gattari”!
PS: Il legame tra i gatti e Istanbul ha origini antichissime che risalgono all’epoca bizantina. Probabilmente arrivarono qui a bordo delle navi (venivano imbarcati per allontanare i roditori) che attraccavano al porto. Quando le navi rimanevano per giorni nel porto i gatti si allontanavano e poi rimanevano a terra, inconsapevoli di cosa sarebbe successo nel futuro grazie alla loro permanenza a Istanbul e al legame indissolubile che Maometto instaurò con tutti i gatti del mondo. I gatti sono perfettamente integrati nel tessuto urbano della città, ne sono i padroni assoluti, e si trovano ovunque, anche all’interno di negozi, bar, ristoranti. Sembra incredibile, ma a Istanbul vivono circa un milione di gatti, tutti rispettati, curati e sfamati da persone che ogni giorno se ne prendono cura. Non è raro vedere ciotole e acqua a loro disposizione fuori dai negozi, mentre i ristoranti forniscono loro cibo avanzato e prelibatezze di ogni genere.
Tornando alla nostra seconda giornata, con la guida siamo partiti da Fatih, uno dei quartieri più “conservatori” di Istanbul, la zona più osservante dal punta di vista religioso con la visita della moschea di Zeyrek, che in passato era il Monastero Bizantino di Cristo Pantocratore. In questo quartiere si trovano le case in legno di periodo ottomano, antiche di 200 anni, molto caratteristiche e, tra un saliscendi e un altro, non è mancata una sosta in un panificio locale dove abbiamo comprato i famosi simit, una pasta lievitata a forma di ciambella con semi di sesamo sulla crosta, dal sapore divino! Si trovano ovunque bancarelle di simit, ma i migliori escono dai forni. Proseguendo il cammino abbiamo fatto acquisti in un negozio di spezie e frutta secca, davvero molto economico, fino ad arrivare all’Acquedotto di Valente, che riforniva d’acqua la Cisterna Basilica di Saultanahmet. Abbiamo visitato la Moschea di Fatih, visibile da ogni angolo di Istanbul con le sue cupole che la sovrastano e i suoi minareti che svettano verso il cielo e da qui siamo andati verso il quartiere di Fener, un dedalo di viuzze che cominciano a farsi strette e labirintiche, e le pendenze importanti.
Nel quartiere-ghetto di Fener troviamo le tracce lasciate nel corso dei secoli non solo dagli ottomani ma soprattutto dalle varie minoranze etniche che lo hanno popolato, tra cui ebrei e armeni. Passeggiando fra case dai colori e dalle forme più bizzarre, si arriva davanti al Rum Lisesi, il Liceo Greco Ortodosso, magnifico e caratteristico edificio in mattoni rossi che sovrasta la collina di Fener. Qui si trova anche uno dei luoghi più importanti in assoluto della religione cristiana, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, l’equivalente di San Pietro a Roma per la religione Cristiana Ortodossa. L’importanza storica e simbolica di questo luogo è enorme, è una delle cinque sedi principali della chiesa cristiana e, in ordine di gerarchia, il patriarcato di Costantinopoli è il secondo dopo Roma.
Finalmente, dopo aver pranzato sulla terrazza di un piccolo ristorante che si affaccia sul Corno d’Oro e sulla Chiesa Bulgara di Santo Stefano, siamo giunti a Balat, lo storico quartiere ebraico (lo è stato sia durante il periodo bizantino sia durante il periodo ottomano). In seguito al forte terremoto del 1894, gli ebrei si sono spostati in parte nel quartiere di Galata ed in parte emigrando in Israele. Con lo spostamento di una residua parte della comunità ebraica in un altro quartiere di Istanbul, si è assistito ad un profondo cambiamento, da zona estremamente ricca Balat si è trasformata in zona di immigrati delle classi sociali più basse, e questo ha portato nel quartiere una fase di grande trascuratezza. Attraverso un ambizioso progetto di riqualificazione patrocinato dall’Unesco, Balat si sta di nuovo trasformando, tra le macerie e il degrado sorgono bellissime case in legno colorate, ristoranti e caffetterie che richiamano sempre più turisti, sono certa che tra pochi anni sarà una delle aree più richieste della città e i prezzi delle case lieviteranno.
E per finire la giornata in bellezza, abbiamo fatto pure la crociera sul Bosforo. Un giro in battello della durata di un’ora e mezza circa, con la parte europea da un lato e quella asiatica dall’altra, piacevole ma pensavo mi avrebbe dato maggiore emozione. È famosa per le luci al tramonto, ma quella sera il cielo era un po’ offuscato dal calore, è vero che si è tinto di rosa, ma non ho assistito a quelle pennellate di colori che si vedono nelle foto-cartolina. Mi sono però incantata a vedere le decine di gabbiani che seguivano il battello, invitati dai passeggeri che lanciavano pezzi di pane in acqua!
Il terzo giorno lo abbiamo dedicato al quartiere di Beyoğlu, la parte europea a nord del Corno d’Oro, al di là del Ponte di Galata che abbiamo attraversato in tram. Nel Medioevo, il quartiere era un possedimento della Repubblica di Genova ed era noto come Pera; è conosciuto come uno dei quartieri più alla moda della città dove sono presenti gallerie d’arte, circoli culturali, raffinati negozi, ristoranti, caffetterie e locali per la vita notturna, che ovviamente noi non abbiamo vissuto tanto eravamo stanche!
Siamo scese alla fermata Karakoy e da lì siamo salite in direzione della Torre di Galata, che è in fase di restauro. In una delle stradine abbiamo visto una pasticceria e abbiamo fatto la nostra prima sosta, un caffè turco per Anja, un San Sebastian con cioccolato fuso per me, la cheesecake più buona in assoluto mai assaggiata prima. Soltanto rientrando a casa ho scoperto che il San Sebastian è una torta al formaggio famosissima a Istanbul, si trovano locali dedicati nel quartiere di Galata e la gente è disposta a fare lunghe file per poterla mangiare, e lo farei pure io!
Siamo entrate nella Istikal Caddesi, ovvero il Viale dell’Indipendenza (la via dello shopping), ma dopo poco abbiamo preferito lasciarlo per tuffarci nelle vie laterali più tranquille e caratteristiche, fino ad arrivare a Piazza Taksim, teatro delle proteste contro il governo di Erdogan nel 2013. Da qui abbiamo preso una strada che scendeva verso il Bosforo e dopo una breve pausa ristorante abbiamo fatto km e km a piedi per raggiungere un parco, ma una volta arrivate eravamo così stanche che non ci siamo più mosse. Il rientro lo abbiamo fatto in autobus, così abbiamo recuperato un po’ di energie per tornare a Balat e fare altri due passi tra le sue stradine colorate e allegre.
Il quarto giorno abbiamo deciso di dividerci per fare i nostri giri in solitaria e ci siamo ritrovate all’ora di pranzo. Io sono andata a visitare la moschea chiamata Piccola Santa Sofia (Küçük Ayasofya Camii), a pochi minuti a piedi dal nostro albergo. Fu costruita nel 530 d.C. dall’imperatore bizantino Giustiniano e da sua moglie Teodora prendendo il nome di Chiesa dei Santi Sergio e Bacco, poi convertita in mosche nel 1500. Sono entrata ed era deserta, mi è piaciuto molto stare lì dentro da sola, in silenzio, mentre la luce del mattino penetrava dalle finestre e fuori i gatti riposavano sulle panchine. Uscendo da lì ho preso una strada che mi ha portato nel vecchio quartiere Kadirga, fuori dai circuiti turistici, dove si trovano dei bei giardini e le caratteristiche case in legno; mentre mi dirigevo verso il Mar di Marmara, ho incrociato tante mamme che accompagnavano i loro bambini a scuola. Da una piazzetta su cui si affacciano alcune strade piene di ristoranti ho capito che ero vicina alla costa e, dopo aver attraversato un ponte sotto cui passa una strada a quattro corsie, mi sono ritrovata sulla grande passeggiata che avevo individuato la prima sera arrivando in città.
Ho cercato il mercato del pesce ma non volevo allontanarmi troppo, allora sono tornata in direzione Sultanahmet assaporando il sole caldo e l’odore del mare, mantenendo un buon passo perché volevo vedere il massimo entro l’ora di pranzo (roba da pazzi!). mi sono riposata dieci minuti su una panchina di fronte alla Moschea Blu, mentre un gatto mi faceva compagnia, poi sono andata verso Santa Sofia e scendendo da una strada laterale sono capitata su Gulhane Parki, un bellissimo parco pieno di tulipani di vari colori! Da lì sono ripartita in direzione del Ponte di Galata che volevo attraversare a piedi per rendermi conto della bellezza del luogo, per soffermarmi ogni qualche passo a guardare verso la vecchia Costantinopoli costellata di moschee e di minareti che si ergono verso il cielo, e sorridere alla vista delle decine e decine di pescatori allineati lungo il ponte e che lanciano le loro canne in acqua nel tentativo di pescare qualche pesce, e ci riescono! Sono un’attrattiva per i turisti che li immortalano nelle loro fotografie. Dopo un brevissimo giro nei dintorni di Karakoy sono tornata sui miei passi per rientrare in albergo, ma ancora una volta la mia curiosità mi ha spinta ad infilarmi in stradine che salivano su per una collina e ho scoperto un altro lato della città inutile dire che quando mi sono sdraiata sul letto in attesa che anche Anja rientrasse, ero completamente distrutta!!
Nel primo pomeriggio siamo tornate a Gulhane Parki, poi abbiamo camminato fino alla stazione di Sirkeci, la storica stazione ferroviaria che fu inaugurata nel 1890 come capolinea del treno internazionale " Orient Express " e dall’imbarcadero di Eminonu abbiamo preso il traghetto fino a Üsküdar, sulla sponda asiatica di Istanbul. Purtroppo eravamo così esauste che non abbiamo avuto la forza di salire in cima alla collina dove si trova lo sgargiante Palazzo Beylerbeyi, così siamo rimaste sulla passeggiata che costeggia il Bosforo, inoltrandoci appena qualche strada oltre la costa, dove sono riuscita a trovare i famosi bicchieri per il tè turco (elma cayi, il tè di mela) ad un prezzo irrisorio. Tornando all’imbarcadero ci siamo imbattute in una manifestazione degli oppositori dell’attuale governo, che proprio pochi giorni prima aveva vinto alle amministrative in diverse città turche, quanta gioia nei volti delle due donne che ho fermato per chiedere il motivo del loro manifestare!
Il venerdì mattina siamo partite di buon’ora per iniziare la nostra giornata di viaggio verso l’Italia, con la promessa nel cuore che io sicuramente ritornerò per vedere ciò che è rimasto fuori e anche ritornare in alcuni luoghi che voglio approfondire, comprese le avventure degli amati gatti di Istanbul.
Daniela Falconetti