Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
FRAMMENTI.
Se ambisci a fare la terza forza un sistema bipolare è l’opposto di quello che ti serve. Perché il bipolarismo radicalizza gli elettori su due posizioni e chiunque si ponga tra i due resterà minoritario e sarà costretto ad allearsi con uno dei due oppure sarà spazzato via come un impaccio inutile.
L’establishment economico, col supporto del mainstream mediatico, è in cerca soprattutto di stabilità, non è più neanche questione di statalismo e liberismo. Il mondialismo e la pandemia hanno fatto saltare tutti gli schemi e gli aggiustamenti tra stato e capitale si adottano nel merito luogo per luogo e tempo per tempo.
In Italia è andata così, dimostrando che il bipolarismo, dopo trenta anni di vita, si è talmente radicato nella cultura politica e nei comportamenti elettorali da essere applicato nel voto anche in una elezione col sistema proporzionale. Un paradosso assoluto. Nell’era digitale non esistono aghi della bilancia.
Ci si può sorprendere dell’entità del fenomeno, ma da mesi sapevamo che Meloni e Schlein si erano scelte reciprocamente come principali contendenti.
In particolare Meloni aveva visto in Schlein l’avversaria migliore, quella più facile da battere, per la sua politica incerta e velleitaria e per le sue alleanze poco affidabili.
Schlein, senza strategia e per ambizione, aveva accettato questo tacito accordo che le dava il vantaggio di sottrarsi, almeno mediaticamente, alla concorrenza di Conte. Meglio migliore attrice non protagonista che comparsa tra Landini e Conte.
Il mainstream mediatico, infatti, ha trasformato la campagna elettorale in un confronto esclusivo tra Meloni e Schlein. I comportamenti delle TV, di Stato o private, sono stati scandalosi, soprattutto nei TG. Sembrava che ci fossero solo due partiti da votare: Fd’I e PD.
Gli unici che sono riusciti a raschiare il fondo del barile sono stati FI, che giocava con la buonanima e il supporto delle reti Fininvest, e AVS che si giocava il poco, maledetto e subito con Salis e al diavolo l’Europa.
La tattica di Meloni è stata intelligente. Ha vinto la coppa della polarizzazione, ma lasciando crescere, pur se a distanza di sicurezza, anche l’avversaria per darle l’impressione che quella diarchia funzioni e vada conservata.
Governo più forte, opposizione inutilmente irrobustita e stabilità assicurata. Ora sono tutti contenti.
Meloni va studiata meglio. Credo non sappia neanche lei fino in fondo dove voglia andare. Ha un passato irrisolto che pesa più di quanto voglia far credere. E un entourage pessimo, ignorante e provinciale, inadeguato alle sue ambizioni .
Ma fosse per lei ho l’impressione che salterebbe il passaggio del partito conservatore novecentesco per andare dritta alla versione 5.0 della CDU di Merkel e fare la leader europea della tendenza più a destra del PPE.
E in Italia diventare una sorta di nuova DC, un partito Stato, che a differenza di quello originale che guardava a sinistra, ora guarderebbe a destra. E avere di fronte una sorta di nuovo Pci che, a differenza del vecchio, oggi si agita rincorrendo ogni sorta di velleitarismo minoritario, garantendo indirettamente a Meloni una stabile maggioranza elettorale, in cambio della sopravvivenza del proprio, sempre agitato, gruppo dirigente.
In tutto questo l’idea della grande prateria al centro mi pare un sogno ad occhi aperti. Oggi non c’è uno spazio “naturale” tra sovranismo di destra e populismo di sinistra, entrambi in evoluzione. Quello spazio va creato solo rompendo questo sistema bipolare che ingessa tutto.
Per questo appare intempestivo il problema della leaderschip di una area liberaldemocratica che non esprima, innanzitutto, una strategia su questa esigenza di rottura. E non è questione di quorum, dato che col 4,1% avremmo vivacchiato, ma non cambiato l’Europa e l’Italia.
La leaderschip che serve ora non è quella che rincolla i vecchi cocci, ma è quella che sappia indicare perché e come uscire da questo sistema bipolare conservatore in entrambe le versioni.
O in alternativa dove andare a fare il lievito, se qualcuno se la sente.
Abbiamo enormi problemi irrisolti, economici e sociali, che sono taciuti da Meloni e maldigeriti da Schlein. Bisogna battere su quelli. Ma, intanto, se fossimo d’accordo a rompere quel bipolarismo vizioso, senza immaginare di correre a destra o a sinistra, avremmo fatto un passo avanti.