Nei suoi numerosi articoli sulla storia del territorio, Franco Gabbani ha finora preso come riferimento, personaggi o avvenimenti storici, inquadrandoli nella cornice degli usi e delle norme dell'epoca.
Questa volta prende spunto da situazioni e argomenti curiosi, spigolature come le chiama.
Al di là dei fatti precisi, quello che colpisce particolarmente, è il linguaggio usato nei documenti, non solo formale e involuto, come da sempre ci ha abituato la burocrazia, ma spesso anche di difficile comprensione, esplicitando l'evoluzione continua della lingua e dei termini.
Il Carro di Tespi è il teatro ambulante creato in Italia dall'Opera nazionale dopolavoro per portare gli spettacoli teatrali anche nei piccoli centri e nei paesi: il palco viene montato all'aperto, coperto da una cupola Fortuny (sull'esempio di quella allestita da Mariano Fortuny per il Théatre de l'Avenue Bosquet nel 1906 a Parigi), e intorno si approntano tribuna e platea. Il primo carro di Tespi parte da Roma (con l'"Oreste" dell'Alfieri) nel luglio 1929 che, dopo la prima nella piazza del Pincio, partì per una tournée in tutta la Penisola; altri se ne aggiungono nel periodo 1929-1939. L'immediato e diffuso successo delle rappresentazioni di prosa dei due che furono i Carri di Tespi affidati a compagnie che presentavano ciascuna due opere del repertorio italiano, portò alla creazione di un Carro di Tespi lirico che venne inaugurato nel luglio 1930 con la Bohème di Puccini a Torre del Lago, diretta da Mascagni, per il 35° della composizione.
Seguirono una serie di tournée internazionali in Belgio, Albania, Dalmazia e Sudamerica. Tra le opere allestite ricordiamo: Cavalleria rusticana di Mascagni (diretta dal compositore) a Livorno (1930), Aida di Verdi a Roncole di Busseto (1931), Il barbiere di Siviglia di Rossini (1932), Norma di Bellini (1934).
Novembre 1895
Nel ritrovo che Giacomo Puccini aveva creato a Torre del lago con una brigata massaciuccolese e al quale aveva dato il nome propiziatorio di Club della Bohéme, dove erano tassativamente esclusi gli ammusoniti, i pedanti, gli stomachi deboli, i poveri di spirito, gli schizzinosi e gli altri disgraziati del genere, una sera il compositore si alzò dal tavolo da gioco e andò al piano. Erano tre anni che aveva cominciato a scrivere quella che sarebbe divenuta la sua più nota opera, ma non sapeva come finirla.
“Che ha detto il medico?”,
canticchiava Puccini, e al ché rispose qualcuno degli amici:
“Verrà!”
Il Maestro balzò in piedi esclamando:
“Ragazzi, ho trovato!”
I giocatori posarono le carte e gli si fecero attorno. Puccini attaccò: era il finale della Bohéme “sono andati…fingevo di dormire…" e via via che Puccini suonava e cantava quella musica fatta di cuore e di lacrime, tramata di sospiri, rotta da pause d’una desolazione sconfinata, pervasa da una malinconia di sogno e piena di profonda intensità drammatica, le note se ne andavano per la finestra aperta, portate dalla brezza novembrina, sullo specchio triste e silenzioso del lago, e salivano verso i monti lontani.
“Quando caddero gli accordi laceranti della morte di Mimì – ricorda ancora il Pagni – un brivido ci percorse e più nessuno di noi seppe frenare le lacrime. La soave fanciulla, la nostra Mimì giaceva, fredda, sul povero lettuccio e più non avremmo udito la sua voce tenera e buona. La visione ci apparve: Rodolfo, Marcello, Schaunard, Colline, erano le nostre figure, e noi le loro reincarnazioni; Mimì la nostra amante di un tempo o di un sogno, e tutto quello strazio, il nostro strazio stesso. Anche Giacomo Puccini quella sera pianse.
(Mimì apre gli occhi, vede che sono tutti partiti e allunga la mano verso Rodolfo, che gliela bacia amorosamente.)
Sono andati? Fingevo di dormire perché volli con te sola restare. Ho tante cose che ti voglio dire, o una sola, ma grande come il mare, come il mare profonda ed infinita...
(Mette le braccia al collo di Rodolfo.)
Sei il mio amore e tutta la mia vita! …
(Stende una mano a Rodolfo).
Tu, spensierato! Grazie. Ma costerà.
Piangi? Sto bene... Pianger così, perché?
(Mette le mani nel manicotto, si assopisce inclinando graziosamente la testa sul manicotto in atto di dormire.)
Qui.. amor... sempre con te! Le mani... al caldo... e... dormire.
(Rodolfo si precipita al letto di Mimi, la solleva e scuotendola grida colla massima disperazione piangendo)
Mimì... Mimì!...
(Si getta sul corpo esanime di Mimì. Musetta, spaventata corre al letto, getta un grido angoscioso, buttandosi ginocchioni e piangente ai piedi di Mimì dalla parte opposta di Rodolfo. Schaunard si abbandona accasciato su di una sedia a sinistra della scena. Colline va ai piedi del letto, rimanendo atterrito per la rapidità della catastrofe. Marcello singhiozza, volgendo le spalle al proscenio.)
p.s. in questi giorni anche La Voce del Serchio ha pubblicizzata la manifestazione nel nostro territorio per i festeggiamenti del centenario della morte del Maestro, che potete leggere nella sezione La Battigia, dove ha preso parte la pittrice Gavia con i suoi acquarelli e disegni collegati alle opere pucciniane, sue grandi fonti di ispirazione. Le foto delle sue opere lo dimostrano pienamente.