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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
Di Mario Del Pero
La Harris ha davvero riaperto la partita?

30/7/2024 - 8:55

La Harris ha davvero riaperto la partita?

Sondaggi, donazioni, registrazioni elettorali (con un’impennata tra gli under-25 e gli afro-americani): mille indicatori mostrano un’inattesa – almeno per me – ondata di entusiasmo per la candidatura di Harris o, meglio, per la decisione di Biden di farsi da parte. Decine di milioni di finanziamenti raccolti (soprattutto) da piccoli contributi alla campagna; tassi di apprezzamento (“favorability ratings”) molto più alti rispetto non solo a quelli di Biden, ma anche di Trump, in particolare negli swing states che saranno decisivi in novembre; voto giovane che pare riattivarsi e, da sondaggi, confermarsi come solido bastione democratico (non è sempre stato così, tutt’altro, e a cavallo tra anni Novanta e primi anni Duemila i repubblicani parvero essere competitivi nel voto under-30); situazione di virtuale parità nel voto popolare e soprattutto in quelli di molti swing-states, mentre pare riaprirsi una forbice in stati – New Mexico, Minnesota, Virginia – nei quali i democratici non potevano assolutamente permettersi di spendere risorse ed energie.

Nel mentre, il radicalismo del duo Trump-Vance – le intemperanze verbali del primo e le mille contraddizioni del secondo – rimane sotto i riflettori, rendendo ancor meno credibili le promesse di moderazione e inclusività successive all’attentato all’ex Presidente (e non serve stravolgere il senso delle parole di Trump per notarlo, come è stato invece fatto per il suo discorso al Believers’ Summit in Florida dove a me è parso chiarissimo che non intendesse dire che tra quattro anni non si voterà più; basta prendere un suo normale discorso contro “Crooked Joe”, “Marxist Fraud Harris”, “Barack Hussein”, gli immigrati illegali invitati negli Usa direttamente dai manicomi e tutto il campionario di offese e assurdità che siamo abituati da tempo sentirgli dire).
E però, per i democratici la via per restare alla Casa Bianca rimane complicata e, ora come ora, decisamente più impervia rispetto al 2020. In ordine:

Gli stessi sondaggi ci rivelano quanto poco mobili – nel contesto iper-polarizzato di oggi – siano voti e opinioni: la fissità dei dati, anche nel passaggio da Biden a Harris – rimane impressionante e se guardiamo a Wisconsin, Michigan e Pennsylvania le (piccole oscillazioni) stanno dentro il margine d’errore di queste rilevazioni;
Sappiamo quanto penalizzante sia il collegio elettorale per i democratici – che infatti lo hanno vinto nel 2000 e nel 2016 senza per questo ottenere la maggioranza dei grandi elettori;
Nei medesimi sondaggi Trump stava messo peggio 4 anni fa e si assiste anzi a una crescita del tasso di apprezzamento nei suoi confronti (che è però in parte fisiologica in un contesto in cui, all’avvicinarsi del voto, si acuisce la polarità dei due campi e si riduce il numero d’incerti o di “double haters”, maldisposti verso entrambi i candidati);
L’inflazione è stata riportata sotto controllo; la FED taglierà i tassi già prima del voto; tanti fondamentali dell’economia – crescita, occupazione, redditi – sono positivi. E però il fondamentale indicatore della fiducia dei consumatori, che era cresciuto molto dai picchi verso il basso del 2022, è tornato a calare in modo accelerato dopo aprile;
Tutto si gioca in pochi stati, lo sappiamo bene. Sette, secondo la gran parte delle mappe elettorali a cui si aggiunge il singolo voto di quel Nebraska-2 conteso tra le due parti, ma che non è affatto certo vada ai democratici (Il Nebraska è l’unico stato assieme al Maine che assegna una parte dei grandi elettori a chi vince nei collegi della Camera – 2 GE vanno a chi vince lo Stato con un winner-take-all, gli altri – 3 in Neb e 2 nel Maine – a chi vince nei collegi; il collegio Neb-2 dove c’è la più grande città dello Stato, Omaha, è più urbano e composito. Obama lo vinse nel 2008 e Biden nel 2020, ma ha oggi un rappresentante repubblicano e fu vinto da Romney nel 2012 e Trump nel 2016);
La via più logica per la Harris rimane il Midwest: vinci Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, vi aggiungi Neb-2 e arrivi a 270 (a 268). Visto i precedenti (e la retorica del duo Trump-Vance) quel che potrebbe succedere fa tremare i polsi e colpisce molto come sia stata archiviata, anche nella memoria nostra, la tentata eversione trumpiana del 2020. Anche per questo, devi cercare avere piani B, C, D ecc. ;
Il piano B ho l’impressione sia centrato soprattutto sulla North Carolina. Vinta di misura da Obama nel 2008 (primo dem da Carter 1976), ma poi sempre persa dai democratici anche se con margini minimi (l’1.3% nel 2020). Porta 16 grandi elettori – con il censimento del 2020 ha visto crescere il suo peso relativo – e permetterebbe quindi di compensare una sconfitta in Michigan (15 GE) o Wisconsin (10). Non mi pare siano ancora usciti sondaggi affidabili dopo l’abbandono di Biden, che stava 6/7 punti sotto. Ma alcune delle dinamiche precedentemente menzionate potrebbero aiutare Harris in uno Stato che è cambiato molto – socialmente e demograficamente – e dove i repubblicani nelle primarie hanno scelto un candidato davvero estremo, Mark Robinson, con un passato anche recente di commenti antisemiti/negazionisti, omofobi e misogini che potrebbe alienare elettori (e ancor più elettrici) e galvanizzare il voto democratico;
Il piano C credo sia di aggiungere il Nevada, 6 GE, al NC. Farebbero 21 e assieme permetterebbero di compensare una eventuale perdita della Pennsylvania (19 GE, erano 35 nel 1948 per avere una cifra di come siano cambiati gli economico-demografici, e quindi politico-elettorali, tra la II Guerra Mondiale e oggi). Anche qui attendiamo sondaggi più affidabili (Biden era sotto di 4/5 punti), ma sappiamo quanto forti e capaci di mobilitare l’elettorato siano alcuni sindacati di lavoratori nel settore alberghiero e della ristorazione – su tutti la Culinary Workers Union 226 (CWU). E l’auspicio per Harris è di riuscire a mobilitare (più di Biden) minoranze particolarmente presenti nello stato (afroamericani e ispanici fanno circa il 40%) e appunto nei sindacati;
Auspicio centrale anche nel piano D, che è quello di rimettere in gioco anche gli altri due, ultimi swing states: Arizona (11 GE) e Georgia (16GE), che Biden vinse di misura nel 2020 (anche se il lungo riconteggio/audit finanziato dai repubblicani in Arizona nella contea di Maricopa, dove sta Phoenix e più del 60% della popolazione, mostrò una vittoria più ampia di quella certificata). I sondaggi sembrano però evidenziare uno scarto abbastanza marcato, soprattutto in Arizona, dove la questione dell’immigrazione gioca a favore dei repubblicani.
Vantaggio che si considera di poter colmare magari scegliendo il senatore dell’Arizona Mark Kelly come vice della Harris. Legittimo essere scettici però, anche perché la storia ci ricorda che raramente un candidato VP modifica gli equilibri in modo significativo nel suo Stato;
Ultimo punto di un post fin troppo lungo: ci sono una serie di variabili il cui impatto è per il momento impossibile da prevedere, su tutte la capacità effettiva di mobilitazione dell’elettorato (di portare la gente a votare) da parte delle due macchine elettorali e il peso delle nuove leggi adottate da alcuni Stati (su tutti proprio la Georgia) per disciplinare le modalità di voto rispetto al 2020 o, secondo tanti critici, per rendere più complesso l’esercizio del diritto di voto.


 Mario Del Pero
Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi
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