Nei suoi numerosi articoli sulla storia del territorio, Franco Gabbani ha finora preso come riferimento, personaggi o avvenimenti storici, inquadrandoli nella cornice degli usi e delle norme dell'epoca.
Questa volta prende spunto da situazioni e argomenti curiosi, spigolature come le chiama.
Al di là dei fatti precisi, quello che colpisce particolarmente, è il linguaggio usato nei documenti, non solo formale e involuto, come da sempre ci ha abituato la burocrazia, ma spesso anche di difficile comprensione, esplicitando l'evoluzione continua della lingua e dei termini.
la foto è di una gita scolastica sui navicelli nel "loro" canale (anni '30)
Il Canale dei Navicelli collega Pisa a Livorno, l’Arno al mare, con un percorso di circa 18 chilometri.
Voluto dai Medici, da Cosimo il Vecchio, come comunicazione di merci fra il porto ed i mercati, fu tracciato dal 1434 al 1463 e un altro Medici, anch’esso Cosimo, primo, lo terminò ed ampliò dal 1573 al 1576.
Il Duca capì, dopo l’interramento del Porto Pisano ed il sempre cattivo stato dell’unica pericolosa strada che, traversando la macchia di Tombolo, andava da Pisa a Livorno, che solo un canale era il mezzo per risollevare l’economia delle due città, una con i dazi doganali del suo porto e l’altra con la vendita ed il mercato delle merci che arrivavano via acqua interna.
La mole del traffico era notevole, quasi ottocento navicelli al giorno, con incassi di 1600 fiorini (famosi come quelli del quantisietecosaportate).
Vi erano però divieti ed obblighi per i navicellai e tutti coloro che gravitavano nell’orbita del Canale.
Ogni barcaiolo doveva, in primo luogo, pagare per le merci che trasportava ed addirittura per la zavorra che stabilizzava il navicello, pagare per ancorarsi nei luoghi stabiliti al fine di non danneggiare le rive; era poi proibito portare ad abbeverarsi qualsiasi grosso animale per non causare smottamenti delle rive; era proibito entrare dalle Cateratte di Porta a Mare quando l’Arno era in torba per non far entrare il fango in sospensione nell’acqua perché si sarebbe depositato facendo alzare, a lungo andare, il livello del fondo del canale. Era obbligo, per chi veniva da Empoli, portare ceste di terra, corbellini di pietrisco e di “golfolina” da consegnare agli addetti che stavano sulle sponde del canale per le continue riparazioni. Era proibita la pesca e gettare in dello fosso alcuna sorte di immondizia o sporcizia per le quali potesse far danno si di riempimento come d’altro. Era proibito pure lavare e varare i navicelli per non arrecare danni agli scali; era proibito navigare a coppia, ficcare pali o remi in ogni parte del fosso ed era obbligo, per gli abitanti del contado, obbedire alla “Comandata”.
La Comandata era una specie di chiamata alle armi, ma, invece di andare in guerra, gli uomini “comandati” dovevano prestare servizio gratuito nei lavori di riparazione di cui il canale abbisognava continuamente, e di martedì!
Il continuatore dell’opera di Cosimo fu il secondogenito Ferdinando I° che proclamò: “Troppo importa il tenerlo navigabile et se ne pigli parte dalli navicellai più vecchi acciò si accomodi bene e no si habbia da pensare ogni giorno”
Gli anni dal 1587 al 1609 furono molto ricchi di traffici, tanto che in quel periodo a Pisa furono edificate la “tettoia” di Porta a Mare sullo scalo di arrivo e “la loggia dei mercanti”, sede di tutti i traffici con le città della Toscana e del centro Italia.
Alla fine della dinastia medicea furono vendute, per legna da ardere, le due ultime galere abbandonate negli arsenali e, assegnata la Toscana ai Lorena, fu il Granduca Pietro Leopoldo che si interessò ai Navicelli costruendo un’importantissima opera idraulica di alta ingegneria: il sostegno.
Questo era un sistema di doppia cateratta da usare quando l’Arno fosse stato torbo o in piena per non frenare la navigazione, troppo importante, e impedire al limo di entrare nel canale.
La tortuosità del tracciato e i ponti, che costringevano i navicelli ad abbassare continuamente la vela rallentando il viaggio, spinsero la Magistratura delle Acque a correggerne l’andamento. I poderosi lavori terminarono il 14 ottobre 1903 con il risultato di un transito merci di 200.000 tonnellate annue su navicelli che ne caricavano 50! Ora la lunghezza è ridotta a soli 18 chilometri, un solo ponte, ma quanti decreti discorsi: darsena pisana traffico su gomma rifiuti tossici politica e Livorno merda politicanti Scolmatore insabbiato Pisorno ecc.ecc.
Poveri Cosimo e figli!