Tornano, dopo la pausa estiva, i racconti storici di Franco Gabbani.
Un articolo, come per altri in precedenza, legato interamente alle vicende personali di una persona dell'epoca, una donna che ha vissuto intensamente una vita, ragionevolmente lunga, che potremmo definire di ribellione al ruolo che ai tempi si riconosceva alle donne, in aperta opposizione ai vincoli, alle scelte e al giudizio che la società di allora le riservava.
È stato il confronto tra un bambino bullo di dieci anni nel corpo di un ottantenne che accusa gli immigrati di mangiare cani e gatti e i democratici di uccidere i bambini di nove mesi e dà alla sua avversaria della “cattiva e ridicola” e addirittura della “marxista” (sì, lo ha detto davvero).
E dall’altra una politica seria, per gli standard della politica americana giovanissima, una professoressa che allarga le braccia davanti a uno studente irrecuperabile, una candidata preparatissima, che sorride (inevitabilmente) di fronte ai suoi deliri, che parla di problemi reali, che replica punto su punto a ogni falsità, che mette al centro i diritti civili e delle donne e disegna una propria America che può essere più o meno condivisibile, ma che è il programma di un normale centrosinistra di un Paese, pur con tutti i suoi limiti, democratico.
E in mezzo, la cosa più incredibile di tutti: un giornalista che, di fronte alla vergognosa fake news di Trump sull’aborto al nono mese, risponde e smentisce: “Nessuno Stato permette l’aborto al nono mese”.
Ovvero quello che dovrebbe fare sempre un giornalista. E a cui non siamo abituati.
Kamala Harris non ha vinto il confronto. Ha stravinto. Più che per i suoi meriti (indiscutibili), per i clamorosi demeriti del peggior Presidente e oggi peggior candidato della storia Usa e delle democrazie mondiali.
Avanti.