Nei suoi numerosi articoli sulla storia del territorio, Franco Gabbani ha finora preso come riferimento, personaggi o avvenimenti storici, inquadrandoli nella cornice degli usi e delle norme dell'epoca.
Questa volta prende spunto da situazioni e argomenti curiosi, spigolature come le chiama.
Al di là dei fatti precisi, quello che colpisce particolarmente, è il linguaggio usato nei documenti, non solo formale e involuto, come da sempre ci ha abituato la burocrazia, ma spesso anche di difficile comprensione, esplicitando l'evoluzione continua della lingua e dei termini.
Ma scherziamo?
Pesa appena 10 grammi, è grosso come un guscio di noce con la coda iI più curioso “troglodita” che prende il suo nome scientifico, Troglodytes troglodytes, dal greco trogle, caverna, e dytes, abitante.
Un altro nome è “reattino”; a questo proposito mi ricordo che quando ero piccolo, magro e sempre affamato, mio padre mi chiamava “reccacchino”.
Lo scricciolo è un uccellino comune in Italia, noto per curiosare in ogni anfratto di terra o siepe, sempre alla ricerca di insetti da mangiare, infatti è chiamato anche “forasiepi”. Nonostante sia di dimensioni ridotte lo scricciolo ha un canto acuto e ripetitivo che il Pascoli ha immortalato in una dolce poesia: “L’uccellino del freddo”.
Stranamente in Irlanda il canto dello scricciolo gode di fama sinistra. Si dice infatti che Santo Stefano stesse cercando di nascondersi dai suoi persecutori, ma il verso penetrante dello scricciolo rivelò la sua posizione, portandolo quindi alla morte. Per questo nacque il "Wren day", giorno dello scricciolo, in cui tradizionalmente i bambini davano la caccia al povero uccellino e ne portavano poi il corpo di casa in casa, ricevendo dolciumi in regalo. Oggi l’usanza si è mantenuta ma, per fortuna, prevede l’utilizzo di uno scricciolo finto. O bravi irlandesi!
Tanto c’è da dire dello scricciolo, vincitore della gara di volo più in alto battendo d’astuzia l’aquila per essersi nascosto fra le sue penne uscendone quando la “regina degli uccelli” era stremata e portandosi così più avanti.
Forse è per questo che nella lingua latina, lo scricciolo è chiamato regulus, “piccolo re” e questa è la poesia, sei sestine:
I
Viene il freddo. Giri per dirlo
tu, scricciolo, intorno le siepi;
e sentire fai nel tuo zirlo
lo strido di gelo che crepi.
Il tuo trillo sembra la brina
che sgrigiola, il vetro che incrina…
trr trr trr terit tirit…
II
Viene il verno. Nella tua voce
c’è il verno tutt’arido e tecco.
Tu somigli un guscio di noce,
che ruzzola con rumor secco.
T’ha insegnato il breve tuo trillo
con l’elitre tremule il grillo…
trr trr trr terit tirit…
III
Nel tuo verso suona scrio scrio,
con piccoli crepiti e stiocchi,
il segreto scricchiolettio
di quella catasta di ciocchi
Uno scricchiolettio ti parve
d’udirvi cercando le larve…
trr trr trr terit tirit…
IV
Tutto, intorno, screpola rotto.
Tu frulli ad un tetto, ad un vetro.
Così rompere odi lì sotto,
così screpolare lì dietro.
Oh! lì dentro vedi una vecchia
che fiacca la stipa e la grecchia…
trr trr trr terit tirit…
V
Vedi il lume, vedi la vampa.
Tu frulli dal vetro alla fratta.
Ecco un tizzo soffia, una stiampa
già croscia, una scorza già scatta.
Ecco nella grigia casetta
l’allegra fiammata scoppietta…
trr trr trr terit tirit…
VI
Fuori, in terra, frusciano foglie
cadute. Nell’Alpe lontana
ce n’è un mucchio grande che accoglie
la verde tua palla di lana.
Nido verde tra foglie morte,
che fanno, ad un soffio più forte…
trr trr trr terit tirit…
Nota: la palla verde è il suo nido fatto di muschio.
p.s. Vi chiederete perché mi piacciono tanto le cose piccole.
Vi rispondo con un segreto ormai “innocuo”: quando ero giovincello ero pazzamente innamorato di una giovane attrice francese che per me era insuperabile e si chiamava Pascal Petit.