In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
SI FA PRESTO A DIRE PIL.
Se aumentano le persone al lavoro ma diminuisce il Pil non è per niente detto che questo dipenda dalla minore produttività del lavoro. Anzi i dati dicono che la nostra produttività è aumentata.Il discorso è complicato ma, fidatevi, può voler dire che la gente a lavoro è più numerosa, ma con stipendi e salari più bassi.Infatti assistiamo al fenomeno dei “lavoratori poveri”, soprattutto tra i giovani. Questo deprime i consumi interni che, infatti, sono calati nel corso del 2024, mentre quelli esterni, le esportazioni, hanno sostenuto la nostra economia, ma non così tanto da compensare quel calo.
Il nostro problema sono i redditi bassi, che colpiscono soprattutto il, così detto, cero medio. Che in realtà è l’insieme di quelli che, un tempo, erano divisi in impiegati ed operai e che ormai condividono sostanzialmente gli stessi trattamenti economici e, di conseguenza, la stessa, alta, pressione fiscale. Un fenomeno socioeconomico che all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso era stato previsto dalla sinistra storica che, per descriverlo, aveva coniato il termine “proletarizzazione” Io iniziavo a lavorare allora e nel 1971 guadagnavo 170mila lire al mese con tutti i contributi in regola. Circa 1900 euro di oggi, con le quali riuscii anche a mettere su famiglia a reddito unico . Questo per effetto del potere d’acquisto più alto di quello attuale e dei minori consumi obbligati o indotti rispetto a quelli di oggi. Un operaio nel 1971, dopo le lotte operaie e i rinnovi contrattuali dell’ “autunno caldo” del ’69, guadagnava poco più di 120mila lire al mese, circa 1300euro al mese.
Oggi la differenza è praticamente azzerata: salario medio operaio 1600 mese, stipendio medio impiegato 1608. Lordi ovviamente. Su questo sono d’accordo. Non solo perché ritengo che una famiglia operaia ha gli stessi bisogni di una di impiegati, ma perché la classe operaia, che esiste essendo oltre 6milioni di lavoratori, ha acquisito preparazione tecnica e competenze che non sono inferiori a quelle degli impiegati di pari livello.Il problema è che l’azzeramento è avvenuto non alzando i più bassi verso l’alto, ma abbassando i più alti verso il basso. Se fate il confronto coi dati del 1971 capite tutto.Nel frattempo non risulta che, nel complesso, gli utili d’impresa siano diminuiti.
Capisco che queste mie considerazioni faranno inorridire gli economisti accademici e i non economisti votati al mercatismo più puro, ma descrivo la realtà che vivono milioni di persone.Il punto è, al di là delle dissertazioni economiche, comprese le mie da frequentatore del mercato rionale e per il quale “la borsa” è quella della spesa, che il processo di proletarizzazione ha colpito malamente il ceto medio, direi i percettori di reddito medio, che è stato depresso.
Questo sta portando sfiducia nella democrazia, astensionismo elettorale, scivolamenti nel più bieco populismo, trasformismo politico, a destra, e ottusità ideologica a sinistra.
Non è questione di spostare risorse di qua o di là con bonus o magheggi fiscali, i redditi medi vanno sensibilmente aumentati. Per definire tempi, modi e quantità possibili ci vuole un cambio politico riformista radicale e una nuova classe dirigente capace nei fatti di far tornare la fiducia nel futuro.
Una impresa ciclopica di questi tempi.