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L'analisi del nuovo articolo di Franco Gabbani si sposta questa volta nel mondo di un associazionismo antesignano, le confraternite, necessarie per togliere dall'isolamento e dal mutismo le popolazioni delle campagne, anche se basate esclusivamente sui pricipi della religione.

E d'altra parte, le confraternite, sia pur "laiche", erano sottoposte alla guida del parroco.Sono state comunque i primi strumenti non solo di carità per i più bisognosi, ma soprattutto le prime esperienze di protezione sociale verso contadini ed operai.

Il fu presidente Biden lascia la carica e fa un bel .....
E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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di - Maestra Antonella
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
Di Mario Lavia
Voto c'è, voto non c'è

14/12/2024 - 9:51

Voto c’è, voto non c’è. La campagna referendaria sarà più difficile del previsto per la sinistra

Con la consultazione sull’autonomia differenziata, Schlein vorrebbe minare la stabilità del governo, ma deve lottare contro il quorum e un tema che non scalda i cuori. La speranza è che la concomitanza con altri due quesiti finisca per incentivare la partecipazione alle urne. Oppure che la Consulta li reputi inammissibili

Non è una campagna referendaria facile per il centrosinistra. Diciamo meglio: per la mini coalizione di Partito democratico e Alleanza Verdi-Sinistra, perché Giuseppe Conte come al solito ci sarà e non ci sarà e comunque non è questa la sua partita. Le figure in campo sono tre. Giorgia Meloni e Matteo Salvini da una parte, e Elly Schlein dall’altra.

La leader del Partito democratico probabilmente sa che se perdesse la sfida popolare nelle urne contro l’autonomia differenziata la sua leadership subirebbe un colpo duro. Portare mezzo Paese alle urne è difficile. Già si è capito che il Nazareno è tentato da una campagna molto politicizzata all’insegna della mitica “spallata” per buttare giù un governo che altrimenti rischia di andare avanti fino alla fine della legislatura, ed è una carta forte, quella di un Sì contro Meloni. Ma è una linea rischiosissima. Prima di tutto perché se non funzionasse, automaticamente legittimerebbe il governo mediante un voto popolare grazie al non raggiungimento del quorum: il fallimento del referendum sarebbe una manna per il governo, un ricostituente. In secondo luogo, perché trasformare il referendum sulla legge Calderoli in un giudizio di Dio sull’esecutivo sortirebbe l’effetto di allontanare dai seggi quegli elettori che votano a destra, ma sono contrari all’autonomia differenziata.

Al tempo stesso è anche difficile fare una campagna esclusivamente sul merito della questione, un po’ perché il tema in sé non è affascinantissimo, e un po’ perché con i tagli già apportati dalla Corte Costituzionale si andrà a votar su una scatola se non vuota, molto ammaccata, il che rende il tutto abbastanza sfiancante. Il merito insomma non regge molto: non si vota sul divorzio o sulla scala mobile.

Infatti, al di là delle grida di giubilo, i dem non sono felici di portarsi sulle spalle il peso di un referendum che spaccherà l’Italia molto più della legge Calderoli stessa. «Su un tema come questo dobbiamo andare a un referendum lancinante?», si era subito lasciato scappare il presidente dell’Emilia Romagna Michele de Pascale, che già si è guadagnato il ruolo di una delle persone più ragionevoli del Partito democratico. De Pascale infatti ha colto il punto: la legge Calderoli in ogni caso non funziona, bisognerebbe rifarla, possibilmente in modo bipartisan. Proposta sensata, ma ormai fuori tempo massimo.

Resta aperta la questione della scelta che farà la Corte Costituzionale, dal momento che non è così scontato che questa darà il definitivo via libera al referendum. Come ha osservato il giurista Stefano Ceccanti, profondo conoscitore della tematica referendaria, la Cassazione «ammette che al Parlamento “spetterà… colmare i vuoti… in modo tale da assicurare la piena funzionalità della legge”. La Cassazione ci sta dicendo che il referendum si svolgerebbe su una legge al momento bucherellata e non pienamente applicabile: ma questo è ammissibile?».
La Consulta infatti è tradizionalmente molto attenta a far sì che il quesito sia chiaro e logico. Si vedrà. Quanto al referendum “vendicativo” e non solo “abrogativo” sul Jobs act promosso da Maurizio Landini è probabile che non ci sarà più di tanto un effetto mobilitante: si tratta di un’iniziativa molto politica messa in campo per segnare una tardiva rivalsa, dentro la sinistra, nei confronti della stagione renziana ma con effetti pratici limitati.

C’è anche un quesito più serio, quello promosso da Più Europa sulla cittadinanza, ed è un peccato che inevitabilmente sarà soverchiato politicamente e mediaticamente da quello sull’autonomia differenziata. Può anche darsi che la somma di motivazioni di tre quesiti così diversi finirà per incentivare la partecipazione alle urne. Ma al momento il rischio di un flop, ovviamente auspicato dalle forze di governo, è alto.





 




 














 



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