In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
Giustizia politica-La bufala del caso Open, il tempo perduto di Renzi, e la responsabilità dei magistrati
L’indagine che ha rovinato le prospettive politiche dell’ex presidente del Consiglio si è conclusa con un nulla di fatto. Non ci sarà neanche un processo, tanto era bislacca. Ma nessuno chiederà scusa. Nessuno pagherà. Nessuno si preoccuperà dell’alterazione del dibattito democratico. Avanti il prossimo.
Nel suo film “Il sol dell’avvenire”, a un certo punto, Nanni Moretti dice: «Ma chi l’ha detto che la storia non si fa con i se…». Già. Indietro non si può tornare, sarebbe troppo bello. Eppure il giochino va fatto. Se Matteo Renzi non fosse stato messo nel mirino da due Procure, quella di Napoli per la vicenda Consip, e quella di Firenze per l’inchiesta Open, forse oggi il leader di Italia viva godrebbe di maggior credito nell’opinione pubblica e di più forza sulla scena politica. Anzi, senza forse.
Consip è finita con l’accusatore Gianpaolo Scafarto condannato, e con l’imputato Renzi assolto. Open è finita ieri con un proscioglimento del senatore fiorentino, di Maria Elena Boschi, di Luca Lotti, di Marco Carrai e di altri imputati. Non un’assoluzione, ma proscioglimento, cioè non ci sono stati nemmeno gli estremi per fare il processo: il Giudice per l’udienza preliminare di Firenze Sara Farini ha dunque gettato alle ortiche le accuse dei pubblici ministeri Luca Turco e Aldo Nastasi (tanti saluti al primo che a Natale andrà in pensione), avversari diretti di Renzi in altra sede giudiziaria.
I presupposti delle accuse erano infondati: non è vero che la Fondazione Open fosse la cassaforte dell’allora segretario del Partito democratico. L’indagine è durata cinque anni. Ritorna qui l’eterna domanda a cui nessuno dà mai risposta, perché risposta non c’è: chi restituirà a Renzi, Lotti, e Boschi le ore di sonno che hanno perso? Metafora per dire: come si sana l’affronto morale che hanno subito? E che credibilità ha adesso il dottor Nastasi che ha ingrippato il sistema giudiziario con un’inchiesta molto politica e altrettanto farlocca?
Si dirà: ma questa è la giustizia, i pubblici ministeri accusano, gli imputati si difendono e alla fine un giudice terzo decide, e vissero tutti felici e contenti. E no, signori. Renzi lo si conosce: lui si esalta quando deve lottare. Ma c’è gente che non regge l’accusa infamante, il presunto scandalo, gli haters, il vicino di casa che gira lo sguardo da un’altra parte quando s’imbatte nell’Imputato. Nel politico-presunto-ladro. O nei Joseph K di turno catapultati sui giornali e anni dopo assolti, quando la vita è fuggita, diceva Guccini. Perché dove c’è fumo c’è fuoco, giusto? Non recita così un vecchio adagio popolare?
Diciamo la verità: non era già condannato, Renzi? Non ha perso credibilità politica anche e forse soprattutto per gli Henry John Woodcock e i Nastasi, per il Fatto Quotidiano che per anni ha infarcito le sue pagine di robaccia per un pugno di copie (ve li ricordate gli scontrini di Firenze, i sacchetti di plastica, l’Air Force Renzi)? Già, dove sta scritto che la storia non si fa con i se: eppure i Pm hanno dato il loro bel contributo a cambiare, molto o poco non conta, la storia italiana, perché se non ci fossero stati Consip e Open Matteo Renzi come minimo non avrebbe sprecato energie, giorni, mesi, anni per difendersi da accuse false.
La battaglia politica non sarebbe stata intossicata dai miasmi esalati dalle Procure. La gente non sarebbe stata intontita dagli imbonitori di certi talk show e dai leoni da tastiera in servizio permanente effettivo, mitomani o prezzolati che siano, forse Italia viva sarebbe oggi più forte, ed è certo che leader come Giuseppe Conte e anche Giorgia Meloni si sono indebitamente rafforzati anche grazie a questa iniziativa giudiziaria scritta sull’acqua: dunque si è alterata la normale competizione politica. Più o meno come avviene in Sud America.
Di fronte a questa evidenza, il problema non si risolve con la separazione delle carriere ma con una autentica e seria normativa sulla responsabilità civile dei magistrati. Chi sbaglia paga. Ovviamente, nel paese di Leonardo Sciascia, nessuno chiederà scusa. Nessuno pagherà. Avanti il prossimo. E buon Natale a Matteo Renzi.