Oggi è deceduto Oliviero Toscani.
Era ricoverato presso l'ospedale di Cecina per l'aggravarsi della sua malattia, l'amiloidosi, malattia rara e incurabile.Rimane la sua opera rivoluzionaria nel mondo della fotografia.
Lo ricordiamo con le parole di Paola Gavia, che ha avuto il privilegio di conoscerlo e di essere fotografata da lui per una campagna mondiale
Da Milano a Orvieto-Il richiamo europeista di Gentiloni per svegliare il Pd dal grande sonno riformista
L’ex commissario europeo ha criticato l’inerzia della sinistra davanti ai rischi della tecnodestra trumpian-muskiana, sottolineando la necessità di adottare eurobond e una strategia economica condivisa, distaccandosi dalla linea pauperistica di Elly Schlein
Paolo Gentiloni non intende scendere in campo, secondo l’accezione corrente di questa espressione intesa come l’annuncio di candidarsi a qualcosa. Ma è sceso in campo con i contenuti esposti nell’articolo che segna l’avvio della sua collaborazione con Repubblica, una collaborazione che non sottintende alcun endorsement da parte del quotidiano diretto da Mario Orfeo, ma che è solo un colpo giornalistico. Né bisogna aspettarsi da Gentiloni alcun annuncio a Orvieto, al convegno dei liberal di Enrico Morando, Stefano Ceccanti, Giorgio Tonini, Claudia Mancina, che terrà la relazione, dove sarà sabato 18 per un intervento che comunque è atteso.
L’ex commissario europeo intende evidentemente star fuori da giochini e discorsi più o meno vacui su federatori e leadership e anche tenersi lontano dalla dialettica, per quel po’ che esiste, nel Partito democratico. Per questo partito è un momento strano, in buona salute ma fermo sulle gambe. Non ha un problema di leadership, ha un deficit di elaborazione. Il discorso di Gentiloni infatti è piuttosto sull’analisi della situazione a livello globale, con un occhio particolare rivolto alla sua Europa, così che in questo articolo per Repubblica non si trovano tracce esplicite della vicenda politica italiana. Una scelta, per così dire, di tipo editoriale? Sì, in attesa di mettere i piedi nel piatto, quando sarà il caso.
Tuttavia nell’analisi di Gentiloni già si intravede qualcosa di diverso dalla impostazione generale del Pd schleiniano. Per esempio quando parla di difesa comune europea finanziata con eurobond, Gentiloni si pone lontano della linea sostenuta dai pacifisti soprattutto di cultura cattolica (proprio quelli chiamati a Milano da Graziano Delrio al convegno di “Comunità democratica”) che seppure indirettamente molto influisce e s’incrocia con il pacifismo post sessantottino di Elly Schlein e del suo gruppo dirigente, da cui discende per esempio sull’Ucraina l’irriducibile contrasto di fondo, al di là degli escamotage dialettici, tra i dossettiani di Milano e i riformisti laico-degasperiani di Orvieto.
Con più chiarezza di altri dem, Gentiloni entra nel vivo della svolta trumpian-muskiana osservando che «il rischio è la capacità inaudita della tecnodestra di minare dall’interno i nostri sistemi democratici»: agendo, pare di capire, attraverso forze nazionali, le varie destre, da noi Fratelli d’Italia («dall’interno»). È il rischio pazzesco della nuova fase che si aprirà formalmente il 20 gennaio di fronte al quale la sinistra sembra per il momento come interdetta e incapace di trovare rimedi forti.
Il principale, pensano gli “orvietani”, sta nella velocizzazione del processo di integrazione europeo. Ma in questo senso mentre Schlein non mostra grande fiducia nella nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen, nella cui maggioranza sta con grande fatica, per l’ex commissario all’Economia è proprio sulla Commissione che ricade «una responsabilità enorme» nel fronteggiare i nuovi rischi che si parano dinanzi alle nostre democrazie.
Così sulla crescita, altro grande capitolo cui Gentiloni si riferisce alludendo alle proposte di Mario Draghi, la sensibilità dei dossettiani (tranne ovviamente Romano Prodi che sarà presente in video al loro convegno) è più rarefatta, poco compatibile con una memoria pauperistica e anti moderna propria del pontificato di Bergoglio in discontinuità con quelli precedenti. Insomma, sul come si sta in Europa e su cosa bisogna puntare, nella sinistra e nello stesso Pd esistono visioni – non sfumature – diverse. E sarebbe auspicabile che emergano con sempre maggiore chiarezza sulla strada che porta da Milano a Orvieto.