Con questo articolo termina la seconda serie di interventi di Franco Gabbani, attraverso i quali sono state esaminate e rivitalizzate storie e vicende del nostro territorio lungo tutto il secolo del 1800, spaziando tra fine '700 e inizi del '900 su accadimenti storici e vite di personaggi, che hanno inciso fortemente oppure sono state semplici testimonianze del vivere civile di quei tempi.
Oggi si va sul “poetico”, anche se questo tipo non mi affascina molto, intendo quello di Apollinaire, un irrequieto scrittore e poeta francese, sostenitore del futurismo e della pittura metafisica di De Chirico, amico degli artisti dell'avanguardia parigina.
A me serve, anzi servono, le ultime strofe di una sua poesia: “La Cincia”.
Questo bellissimo uccellino aveva fatto il nido nella cella che avevo creato nella colonna del cancello dove il panaio metteva la pagnotta (poi ho dovuto annullare la consegna a domicilio) per niente intimorito della mia presenza. Lì vicino un picchio nero veniva ogni giorno a cercar prede sul tronco o sui rami di una quercia e, credo di non sbagliarmi, fra i due era nato un impossibile amore. Lui aumentava i momenti di caccia, Lei si arrampicava a testa in giù contro ogni regola e il tempo passava senza alcuna soluzione.
I piccoli, nati in precedenza, se ne sono andati e la mamma con loro, la quercia è seccata e mi sono ritrovato solo anch’io.
Mi immedesimo allora in Guillaume e copio:
[…] Stamattina una cincia è venuta
a svolazzare vicino al mio cavallo
Era forse un angioletto
esiliato nella graziosa vallata
dove ho avuto la sua strana visione
I suoi occhi erano i tuoi graziosi occhi
Le sue piume i tuoi capelli
Il suo canto le parole misteriose
sussurrate alle mie orecchie
quando siamo soli soli tutti e due
Nella vallata ero così pallido
per avere cavalcato fin là
Il vento urlava una lunga poesia
al sole in tutto il suo bagliore
Al bell'uccello ho detto T'amo.