Un esperienza di crescita di gruppo famiglia grazie a due meravigliosi cucciolotti.
RAFEE, figlia di una galga spagnola abbandonata incinta, salvata da un associazione .Tutti i cuccioli sono stati adottati.
UGO meticcio di una cucciolata abbandonata. Saputo successivamente che insieme ai fratellini è stato protagonista di un servizio TV sui cani abbandonati..
“A MOSCA A MOSCA!”
A Mosca non c’ero voluto andare fintanto che fosse stato in vita il regime del Pcus. Ero di quei comunisti italiani che non aveva mai pensato che si dovesse fare “come la Russia”.
Facevo la terza elementare nel ’56 di Budapest, ma a venti anni sostenni Dubcek e il suo tentativo di socialismo dal volto umano e fui d’accordo con la netta condanna dell’invasione della Cecoslovacchia nel ’68.
Così a Mosca ci andai nel settembre del ’91, con un gruppo di amici e compagni di lavoro a vedere la partita CSKA – Roma. Che, per la cronaca, vincemmo 1 a 2. In alcune strade c’erano ancora accatastati i resti delle barricate fatte un mese prima durante il tentato colpo di stato contro Gorbachev di Janaev, un ubriacone che avevo conosciuto nel 1968 quando era, ancora a trenta anni, dirigente del Komsomol (i giovani comunisti sovietici) ricevendone una pessima impressione.Vidi i sigilli di ceralacca alle porte del palazzo del Pcus. L’impressione che mi fece Mosca era quella della grande capitale decaduta di un impero andato in pezzi.Soprattutto Mosca mi apparve come l'immagine di una città ferma alla metà degli anni ’60. Altro che esaurimento della spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre, lì si era esaurito tutto e da tempo. Dalla politica al pane per la colazione del mattino nell’albergo a cinque stelle dove risiedevo, una specie di museo del modernariato, arredato con mobili svedesi degli anni’60. Originali, sbocconcellati dal tempo e mal restaurati. Fu un tuffo nell’infanzia.
Tornato a Roma chiesi ad alcuni dirigenti del Pds come fosse stato possibile non essersi accorti di quel fallimento e non avere cambiato strada almeno venti anni prima. Ricevetti solo silenzi imbarazzati, come quello che racconta Miriam Mafai a Vittorio Foa nel bellissimo scambio di lettere pubblicato ne “Il silenzio dei comunisti”.
Fummo lasciati soli, ciascuno a gestirsi la sua personale Bad Godesberg, che non fu meno profonda e dura di quella dei compagni socialisti tedeschi, che almeno ebbero il conforto di un mea culpa collettivo. Fummo soli nel decidere di passare dalla lotta ideologica per un “mondo nuovo” a quella più concreta per la realizzazione di un “mondo migliore”. Questo fu un errore del Pci, che consegnerà milioni di persone ad un processo di cambiamento giusto ma confuso, che arriverà, dopo tanti ritardi e passaggi personalistici, a mettere in mano ad una signorina velleitaria e senza qualità i resti di un grande patrimonio riformista, con grandi lotte democratiche e conquiste riformatrici nel suo palmares.E porterà molti a perdersi, tornando indietro anche oggi rispetto alle stesse posizioni del vecchio Pci di Berlinguer.
Tornando a Mosca due episodi mi colpirono girando per la città nei giorni seguenti quello della partita.Una bambina, sui 5 o 6 anni, che in punta di piedi guardava rapita una bambolina di celluloide di una decina di centimetri, di quelle che non si trovavano più da noi da almeno trenta anni.Era esposta dietro una vetrinetta incrostata di polvere di una edicola chiusa sull’Arbat, una delle strade più caratteristiche della vecchia Mosca. Quella bambolina, che sarà costata poche lire, era il suo sogno irraggiungibile. Conoscevo quello sguardo di desiderio infantile inappagato, magari per una piccola cosa, che era stato anche il mio, circondato da tanto affetto, ma vivendo in sette con l’unico stipendio di un insegnante.Arrivai ai grandi magazzini GUM, dove proprio in quel momento stavano scaricando un tir carico di dischi a 45giri de “l’italiano” di Toto Cutugno. Grande successo per quel “un partigiano come presidente”.Speravo di trovare qualche souvenir originale da portare a casa, ma il magazzino era semivuoto. Uno spazio enorme, dove i vuoti sembravano ancora più vuoti. Al 4° piano c’era scritto gioielleria o roba del genere. File di vetrinette semivuote. Una coppia stava davanti ad una che esponeva un paio di orecchini color pervinca, di un materiale che non sapevo definire. Sembrava sintetico, ma non doveva esserlo visto il prezzo sulle 10mila lire, decisamente alto per le disponibilità economiche di quei cittadini. Ma certamente miseri anche quegli orecchini, appuntati su un cartoncino grigio un po’ sgualcito.Il ragazzo e la ragazza, non avevano trenta anni, erano vestiti in abiti da lavoro. Sembravano usciti da un romanzo di Pasternak, lei nel suo camice, lui con la tuta. Invece, essendo le 19, erano probabilmente usciti dal lavoro e ora guardavano abbracciati quegli orecchini. Lei con gli occhi che facevano la spola tra quei “gioielli” e gli occhi di lui. Ammirata e interrogativa. Bisbigliava e credo gli dicesse “che dici, li compriamo?”. Lui aveva l’aria imbarazzata, di chi non ha il coraggio di dire di no per non dispiacere alla sua innamorata. Ma credo che quella spesa non se la potesse permettere. Però non le diceva di no, ma con una espressione in cerca di complicità e comprensione le diceva qualcosa tipo “non sono belli, non mi piacciono, cerchiamo qualcos’altro”.
Glieli avrei comperati io quegli orecchini che costavano poche migliaia di lire. Ma non potevo, Il mio gesto poteva essere equivocato o umiliante per lui.Così li ho visti allontanarsi, abbracciati. Buona fortuna ragazzi, che la vita sia migliore per voi in futuro, pensai. Lo so, direte che anche da noi succede qualcosa del genere, tutti i giorni, migliaia di volte.Ma quella non era la patria del socialismo? “da ciascuno secondo le proprie possibilità e a ciascuno secondo i propri bisogni”?Non era quello il risultato sperato dopo settantacinque anni . Ma nei grandi alberghi ragazze bellissime si ubriacavano insieme a ricchi maiali della nomenclatura che, straripati dalle mura del Cremlino, si stavano spartendo la Russia a morsi, come gattopardi blasfemi, violenti e assassini.
Gli stessi che ora vogliono riprendersi “il loro” fuori dai loro confini.