Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
La segretaria del Pd ora dice che il piano di von der Leyen va nella direzione giusta, e meno male. Però sostiene anche che è l’intera famiglia europea ad essersi allineata alle sue posizioni.
Grosse risate
Elly Schlein cambia posizione un’altra volta e il Piano di Ursula von der Leyen non è più un tabù. Lei dice di aver convinto i socialisti europei, ma forse sono i socialisti europei ad aver convinto lei. Ammesso e non concesso che lei sia convinta veramente, e che non stia facendo il gioco delle tre carte.
Se il testo del documento del Partito del socialismo europeo del 20 marzo fosse stato presentato dal Partito democratico nei giorni scorsi probabilmente non ci sarebbero state la spaccatura a Strasburgo e le dure polemiche successive. Dunque, contrordine compagni: il Piano presentato da Ursula von der Leyen non va più «radicalmente cambiato». Lo dicono i socialisti europei, con la firma di Elly Schlein: «Il pacchetto ReArm Europe è solo un primo passo che necessita di maggiore ambizione e di essere abbinato a un programma completo per una difesa comune europea». Dunque Schlein stavolta ha approvato esattamente la definizione del Piano che venne data da Romano Prodi («un primo passo») e poi da Paolo Gentiloni («va nella direzione giusta») contenuta nell’ultimo documento del Partito socialista europeo.
Mentre in Parlamento Schlein ha portato il Partito democratico a sostenere che il Piano va «radicalmente rivisto», versione più morbida del secco no espresso precedentemente, e dopo il voto di astensione degli schleiniani a Strasburgo, adesso la segretaria del Pd sembra sposare l’idea che il ReArm Europe (che tra l’altro cambia dizione in “Readiness 2030”) sia il «primo passo» verso quella difesa europea che per la verità lei ha sempre sostenuto. Si ristabilisce dunque, grazie al documento del Pse, un’evidenza che veniva nascosta probabilmente per motivi propagandistici, per apparire «contro le armi» lungo la linea Giuseppe Conte-Maurizio Landini-pacifismo integrale e senza spiegare come sia possibile arrivare alla difesa europea senza passare per un rafforzamento, qui e ora, della difesa sul piano nazionale.
Il Partito del socialismo europeo invece è chiaro: «L’Europa deve investire nella sua capacità di difendersi e di proteggere i suoi cittadini, non solo attraverso sforzi di difesa a livello nazionale, ma anche con una soluzione sostenibile a livello europeo». Lo hanno ben capito i tedeschi. Non solo Friedrich Merz, ma anche il nuovo leader della Spd Lars Klingbeil: «Il Bundesrat ha approvato le modifiche alla Legge fondamentale. Ora si tratta di trasformare un ingente pacchetto finanziario in un importante programma di investimenti per i cittadini del nostro Paese. Mettiamoci al lavoro».
Il documento dei socialisti europei sottolinea molto la funzione cruciale della centralizzazione delle decisioni a livello europeo (come aveva perfettamente spiegato Mario Draghi nella sua recente audizione al Senato) e la necessità di «non compromettere la giustizia sociale ed economica nel perseguire i nostri necessari e legittimi obiettivi nel campo della difesa, in quanto non si tratta di dimensioni concorrenti, ma reciprocamente complementari», il che annichilisce gli slogan di facile effetto, di Matteo Salvini e Maurizio Landini soprattutto, per cui gli investimenti per la difesa automaticamente colpirebbero le spese sociali.
Il Pse poi è favorevole a una «coalizione di volenterosi» e ribadisce «l’incrollabile sostegno» all’Ucraina: «L’Unione europea e i suoi Stati membri, insieme ai partner internazionali e agli alleati della Nato debbono urgentemente aumentare il sostegno militare all’Ucraina, consentendole di esercitare il suo legittimo diritto all’autodifesa contro la guerra di aggressione della Russia».
La conclusione va ulteriormente citata: «L’Unione europea deve valutare la fattibilità e il valore aggiunto di diversi strumenti, compreso il potenziale di quelli innovativi, o di una serie di strumenti, per migliorare l’accesso ai finanziamenti pubblici e privati. In questo contesto, prendiamo atto che il pacchetto ReArm Europe è solo un primo passo che necessita di maggiore ambizione e di essere abbinato a un programma completo per una difesa comune europea». Sono tutti concetti tutt’altro che incompatibili con il Piano, che non a caso era stato accettato dal gruppo europei dei Socialisti e Democratici, anzi sono coessenziali alla sostanza del Piano stesso. Bastava che il Partito democratico l’avesse messa subito in questi termini invece di bocciarlo, spaccando il partito e andando in dissenso con i socialisti europei.
Forse adesso, lontana la manifestazione di piazza del Popolo e superato il passaggio parlamentare, il Pd va a collocarsi su una posizione costruttiva ma dentro la linea dell’Unione europea. Sperando che non cambi più posizione.
Ma, Elly, ci voleva tanto?