Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Maria Occhipinti
Scrittrice, anarchica, femminista, antimilitarista: una donna libera.
Maria Occhipinti nasce a Ragusa il 29 luglio 1921 i n u n q u a r t i e r e p o p o l a r e c h i a m a t o “mastricarretti” prima e “la Russia” poi.
Qui vive un'infanzia triste schiacciata dal peso della miseria, della tradizione e della religione. Abbandona la scuola in terza classe e inizia a lavorare, a diciassette anni si sposa, ma la sua indole curiosa e inquieta la porta a scoprire i libri e a interrogarsi sulla politica, la religione, la guerra, la povertà, le disuguaglianze di genere.
Nel 1943, con grande scandalo del marito, del padre e di tutti gli uomini del vicinato, si iscrive alla Camera del Lavoro, organizza le donne del quartiere mescolandosi alle prime manifestazioni contro il carovita e il mancato pagamento dei sussidi alle famiglie dei richiamati alle armi. Nel 1944, quando attivano le cartoline precetto che richiamano gli uomini alle armi si rende protagonista del locale movimento anarco-antimilitarista “Non si parte!”: ha ventitré anni e è incinta, si getta davanti al camion che rastrella i giovani della città, e riesce momentaneamente a bloccarne la marcia, permettendo la fuga dei prigionieri.
Il suo gesto da inizio a una insurrezione che dura quattro giorni con numerosi morti da ambo le parti e infine repressa nel sangue dall’esercito.
Quel gesto di disobbedienza civile le cambia la vita. Prima il confino a Ustica dove nasce la figlia Marilena, poi quasi due anni di carcere a Palermo. Quando torna a casa, grazie all’amnistia di Togliatti, la attendono l’abbandono del marito, il ripudio della famiglia, l’espulsione dal PCI che ha condannato le rivolte antimilitariste come un tradimento della patria, la freddezza dei cittadini: è considerata una donna indegna, troppo distante dal ruolo di subordinata all'uomo che vuole la tradizione.
Da questo momento Maria aderisce al movimento anarchico, si impegna in attività contro la povertà e la guerra, si batte per i diritti delle donne.
Decide intanto di lasciare Ragusa e per 25 anni attraversa il mondo con la figlia svolgendo svariati lavori: cameriera a Napoli e a Ravenna, operaia a New York, portantina a Casablanca, infermiera a Losanna e a Parigi. Alle Hawai lavora in un ospedale psichiatrico per poi trasferirsi a Los Angeles. Esplora il mondo non per conoscere nuovi luoghi ma persone, per incontrare e confrontarsi con altre realtà umane e sociali. Dappertutto continua a lottare con passione, nei luoghi di lavoro contro lo sfruttamento e nelle strade contro le guerre, contro il razzismo, per i diritti di tutti, contro soprusi e ingiustizie.
Credendo fermamente che giustizia consista anche nel «far sapere e dire la verità dei fatti» scrive il libro Una donna di Ragusa: intrecciando l’autobiografia con la riflessione politica e sociale racconta la sua infanzia, la scoperta dell’ineguaglianza già dentro la famiglia e delle ingiustizie di classe, i primi moti di ribellione che sfociano nel gettarsi davanti ai mezzi militari, la natura delle sommosse del ‘44/‘45… Un documento prezioso che costituisce una potente contro narrazione del Novecento.
Nel 1973 torna in Italia con la figlia; vive a Roma e lavora come sarta e assistente di persone anziane o malate. Collabora attivamente con gli ambienti anarchici romani continuando la sua lotta per la giustizia sociale e i diritti delle fasce più vulnerabili della società. Integrata nel movimento femminista, nell’area pacifista e antimilitarista, scrive su diversi quotidiani e riviste, denunciando apertamente lo sfruttamento dei lavoratori domestici da parte dei loro datori di lavoro borghesi.
Nel 1979 è protagonista di una battaglia contro l’esproprio di terreni agricoli a uso industriale nella sua Ragusa e nel 1987 in quella a Comiso contro i missili Cruise. Scrive due libri. Ne Il carrubo e altri racconti racconta la sua esperienza di donna del Sud, segnata dalla guerra, dalla povertà e dall’emigrazione, ma anche dalla lotta per la libertà e la giustizia sociale.
Le novelle sono spaccati di vita quotidiana nella società contadina siciliana, fatta di maligni pettegolezzi, di credenze popolari, di matrimoni mercanteggiati, di arretratezza. In Una donna libera riprende la sua autobiografia, dalle vicende successive alla scarcerazione, al suo peregrinare per mondo, sino agli anni Novanta: emerge qui la sua personalità di donna libera, ribelle, indomita fino alla fine. Muore a Roma, per le conseguenze del morbo di Parkinson, nel 1996.
Si parla ancora di guerra: sembra che il passato non sia esistito, che la storia niente abbia insegnato. Eppure credo ancora nel potere della lettura e della conoscenza; spero che le vite e le lotte di persone come Maria Occhipinti non siano state inutili.
Paola Bernardini