Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Credo di essere diventato anticomunista il 23 ottobre 1956.
Esattamente tre settimane dopo avere compiuto 10 anni.
Ero rimasto scioccato dal racconto e dalle foto dei ragazzi di Budapest che si battevano a mani nude contro i carri armati sovietici. Non sapevo nulla della Destra e della Sinistra, nulla dei partiti politici, ma sapevo che dovevo stare con quegli eroi disarmati.
Diventai antifascista poco tempo dopo, per vendicare mia madre, senza sapere che anche qui c'era una Destra e una Sinistra. Aveva 25 anni ed era fascista come tutti o quasi in paese, ma non voleva partecipare alle sfilate del sabato sera e non voleva prendere la tessera del Pnf. Forse perché era povera e non aveva lire da sprecare. Il segretario del fascio la fece chiamare: "Gigina, se continui a fare la ribelle ti farò andare scalza". Alla fine della guerra, l'ex segretario, peraltro una brava persona, incontrò mia madre mentre chacchierava con le vicine. Salutò, soliti convenevoli: "E tu, Gigina, come stai?"... "sempri scursa, sempre scalza". Con una mamma così, come potevo essere fascista?Poi diventai anti-antifascista quando mi resi conto che lo Stalinismo era una dittatura rossa e che mi era difficile contestarlo senza correre rischi. Esattamente quelli che rischiavano gli antifascisti nel Ventennio.
Ne ebbi la conferma durante il '68. Ero l'unico, credo, a parlare nelle assemblee di Lettere monopolizzate dai Maoisti. Fui minacciato più volte, ma ero abbastanza incosciente da fregarmene altamente. Molti di quegli arrabbiati divennero poi miei pazienti e ridevamo di cuore di questi tempi fatti di passione politica e di scontri feroci.Rischiai di diventare antisocialista perché in paese i socialisti erano lombardiani e il loro sport preferito era scavalcare i comunisti a sinistra. Nel 1968 non vollero firmare un volantino in onore di Jan Palach, che si era immolato per protestare contro l'invasione della Cecoslovacchia da parte dei Sovietici e quando noi giovani dc organizzammo una manifestazione i più accaniti furono i socialisti, molto più dei comunisti che pure erano con gli aggressori.Feci dal 1968 al 1985 centinaia di comizi, spesso protetto dai carabinieri che ringraziavo alla fine della manifestazione. Non parlai mai male di Craxi, unico leader capace di combattere la supremazia comunista sfidandola sul terreno dottrinale. Mi piaceva molto, mentre di Berlinguer non avevo stima: nel 1970 difendeva ancora i regimi comunisti e se avesse avuto più coraggio, se avesse operato in Italia una Badgodesberg, invece di inventarsi una fantasiosa Terza via per il socialismo, ci saremmo risparmiati il terrorismo e avremmo avuto una democrazia adulta e non più "bloccata" e un bipartitismo non più "imperfetto".Perché, in una serata primaverile gradevole tra gli alberi dell'agorà ierzese, scrivo questi ricordi? Per nostalgia? Per la manìa senile di ricordare i tempi andati?
Ma no, io sono più felice ora di allora, anche perchè allora non avevo delle nipotine che oggi riempiono le mie sere.No, scrivo perché nonostante tutto la politica aveva una sua dignità e non era ammesso mentire. Quarant'anni fa non avremmo assistito a due manifestazioni, come quella di Serra del 15 marzo o di Conte del 5 aprile che hanno visto sfilare folle più o meno numerose dietro le bandiere del falso pacifismo.Folle con tutti dentro in nome di una unità fasulla della Sinistra all'insegna dei più banali ossimori: pace come resa all'aggressore, solidarietà ma solo con gli assassini, no alle armi per non irritare i criminali armati, denuncia dell'Europa "armigera" che si riarma solo per evitare una guerra.
Nessuno che abbia urlato "Russia, go home", nessun che abbia chiesto il ritorno in Ucraina di 15 mila bambini sequestrati da Putin, non un minuto di silenzio per i bambini ucraini uccisi in una parco giochi. E allora i bambini di Gaza? Quelli sì che sono morti da ricordare, mica sono i bimbi ebrei strangolati, bruciati, decapitati. Non uno che dicesse "hamas go home", sicurezza per Israele, libertà per i sequestrati, forca per gli assassini del 7 ottobre.
Nessuna nostalgia, cari amici, solo una nausea profonda per questi falsari della politica, per questi sepolcri imbiancati, per questi professionisti dell'ipocrisia e della viltà. In tre parole: facce da culo. E non ci sono farmaci efficaci contro questo malessere morale.