Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Come eravamo: uno strano ed effimero mestiere della maremma era il civettaio che portava la sua bestiola ammaestrata al servizio di ricchi cacciatori
Il Civettaio
Ho un vivo ricordo, sebbene lontano nel tempo, della caccia alle lodole che si faceva in Maremma e che attirava cacciatori da luoghi lontani.
Eravamo partiti appena dopo mezzanotte con la Topolino di Pippo (sembra un cartone animato!), io, ovviamente l’autista, e mio cugino Franco.
All’Arnaccio ci accorgemmo che i fanali non funzionavano e fu deciso allora di accodarsi alla prima macchina che ci sorpassasse. Forte lui forte noi, piano lui piano noi, finché l’auto- guida si impaurì di quelle poco chiare manovre e frenò accigliando. Così fu per, e con, altre due o tre macchine fino a San Vincenzo. D’obbligo una fermata per un caffè e per verificare il perché dell’assembramento di auto lungo la strada.
Era una cosa incredibile vedere quanti cacciatori fossero fermi nei bar del paese attraversato dall’Aurelia e che andavano tutti in Maremma a fare la stessa caccia! Lucchesi, pistoiesi, fiorentini, massesi, pisani, di città e di campagna, tutti con la stessa passione.
La caccia alle lodole è una delle più facili, ma che appassiona anche i più esperti e puri tiratori.
Nei grandi spazi della maremma pisana e anche più a sud di Grosseto, verso fine settembre e tutto ottobre novembre, le allodole si ritrovavano a migliaia, tanto che nella zona si era venuta a creare un’arte caratteristica: quella del civettaio, arte che si tramandava da padre in figlio.
Questa casta era fatta non da improvvisati, ma da cacciatori professionisti che avevano allevato ed ammaestrato una fida compagna: la civetta, tratta a suo tempo dai nidi sui tetti.
Occorreva un lungo tirocinio e moltissima pazienza per insegnare alle bestiole a reggersi sulla gruccia, a far le riverenze e a librarsi in volo per poi far ritorno al piedistallo.
Questi rapaci dovevano fare da zimbello per le allodole, che erano irresistibilmente attratte dalla loro vista.
I messeri della civetta volevano essere ben pagati per mettersi al servizio dei cacciatori forestieri, i signorini, e pretendevano anche il vitto.
Nessuno poi si è mai chiesto di cosa campasse il civettaio una volta che le allodole avevano fatto il passo. Forse migravano come gli uccelli?
Questi personaggi avevano la loro capitale a Grosseto dove, alle nove della sera, si riunivano a bere ponci e schizzetti in un solito bar, raccontandosi storie e bugie ed aspettando che i cacciatori andassero a cercarli per il servizio della mattina seguente.
La caccia alle allodole non solamente è facile, ma anche comoda, perché non ci si deve alzare all’alba, basta essere sul posto a sole levato, cosa fattibile certamente se uno dorme sul posto, ma non per noi e gli altri nottambuli che non ce lo potevamo permettere.
Un esercito di civettai, con l’asta e il mazzuolo a spall-arm, la caratteristica cestina bucherellata da dove occhieggiavano i fosforici sguardi della bestiola prigioniera, partiva seguita dai signori cacciatori.
Una volta giunti nei prati, i civettai dovevano mettere in posizione la loro amica e farla alzare in volo e riposare, dopo qualche giro, sul mazzuolo di sughero infisso sulla cima dell’asta.
Tanto più la civetta vola e si posa senza cadere a testa in giù pendolando dal filo che la tiene legata alla gruccia, tante più lodole vengono a tiro del cacciatore.
A volte gli uccelletti arrivano tanto vicino a quell’essere dai grandi occhi gialli che non hanno mai visto ma stranamente vola come loro, che è impossibile sparare senza colpire la civetta, (è successo!) ma niente paura, neanche se il cacciatore è allo scoperto può distogliere la lodola da avvicinarsi per poi finire nel cestino insieme ad altre vittime.
E nel cestino, alla fine della giornata, alle civette ingannatrici sarà permesso scegliersi un meritato premio in natura.
Si diceva che le lodole curano alla civetta, ma in verità degnano qualsiasi cosa che si muova a mezz’aria o luccichi a terra e il cacciatore senza zimbello vivo ha inventato un marchingegno fatto da una tavoletta messa di taglio su un pernio di una scatoletta e che gira mosso dalla carica di una molla. Sulle facce della tavola vi sono incassati o incollati dei pezzettini di vetro a specchio che, girando, creano uno sfarfallio luminoso molto accattivante e quasi ipnotico per gli uccelli in questione che scendono curiosi a vedere lo spettacolo.
Tutta la caccia inizia e termina con il sole, l’elemento che attira la lodola a salire in cielo sempre più in alto per salutarlo con quel melodioso gorgheggio , e che poi verrà vanificato da una stupida curiosità per uno zimbello ammaestrato o per un luccichio di qualche specchietto che ha dato magistralmente il nome a quell’ammaliamento strano che ha tutto quello che attira ingannevolmente.
Anche l’uomo sapiente e civile spesso trova il suo "specchietto per le allodole"!
Torniamo a seguire l'Almanacco come ai primi tempi, ed ecco allora, meglio tardi che mai, i proverbi di ottobre che oggi termina il suo corso:
Ottobre domanda funghi, castagne e ghiande.
In ottobre, il mosto è nella botte.
Ottobre: il vino è nelle doghe.
Ottobre: vino e cantina dalla sera alla mattina.
Ottobre è bello, ma tieni pronto l’ombrello.
Ottobre è quasi matto, a nessuno gli fa il ritratto.
Ottobre piovoso, campo prosperoso.
Tuoni d’ottobre, verrà un inverno caldo.
Se piove per S. Gorgonio, tutto ottobre è un demonio.
A S. Francesco (4 ottobre) arriva il tordo e il fresco.
Per San Francesco, la nespola al cesto.
Chi semina all’asciutto, raccoglie buon frutto.
Per S. Reparata (8 ottobre), ogni oliva è inoliata.
Per S. Teresa (15 ottobre), semina a distesa.
O molle o asciutto, per S. Luca (18 ottobre) semina tutto.
Per San Luca cava la rapa e metti la zucca.
Per San Luca la merenda è perduta.
Noce nuoce, nocella più di quella.
Per S. Simone (30 ottobre) il galletto si fa cappone.
Per San Simone la nespola si ripone.
Buon arrivo novembre!