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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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PARADOSSI

14/11/2010 - 8:30

PARADOSSI


"Abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità sempre più basse, autostrade sempre più larghe, ma orizzonti sempre più ristretti.

 

 

 

Comperiamo di più, ma abbiamo di meno. Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole, più comodità, ma molto meno tempo.


Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso, più conoscenza, ma meno giudizio, più esperti, e ancor più problemi, più medicine, ma meno benessere. Beviamo troppo, fumiamo troppo, spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco, guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi, vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.


Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori. Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo troppo spesso. Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere, ma non come vivere. Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.

Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riusciamo ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino di casa.
Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo spazio interno.

Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori. Abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima. Abbiamo dominato l'atomo, ma non i pregiudizi.

Scriviamo di più, ma impariamo meno. Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno. Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.

Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni, per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.

Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta, grandi uomini e piccoli caratteri, ricchi profitti e povere relazioni.

Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi, case più belle ma famiglie distrutte.

Questi sono i tempi dei viaggi veloci, dei pannolini usa e getta, della moralità a perdere, delle relazioni di una notte, dei corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto, dal rallegrarti al calmarti, all'ucciderti."

Queste riflessioni non sono certo mie, le ho trovate in Internet, ma devo dire che non solo le condivido in pieno ma tutte insieme mi appaiono coma la fotografia esatta della nostra vita di oggi.

Ci crediamo felici, pieni di cose, con auto sempre più veloci, televisori sempre più grandi, computer sempre più piccoli e potenti, aggeggi elettronici sempre più sofisticati. Siamo in contatto col mondo intero in frazioni di secondo, facciamo tutti molti pasti al giorno (mentre molti muoiono di fame) buttando enormi quantità di cibo nella spazzatura e nutrendo anche con scatolette di carne sempre più accattivanti milioni di grassi animali da compagnia, facciamo vacanze esotiche anche più volte l’anno, vestiamo abiti firmati da ostentare che cambiamo ad ogni stagione.

In apparenza non ci manca niente, viviamo felici nei nostri lussi, nella nostra incosciente opulenza occidentale, ma se leggiamo attentamente ogni riga di quello scritto sopra e ci riflettiamo un po’, dobbiamo tutti ammetterete che in ognuna di quelle frasi un po’ ci ritroviamo.

E quella che spacciavamo, che credevamo fosse felicità, dobbiamo purtroppo declassarla a semplice benessere, ad agiatezza, ad uscita dal bisogno.

Ci sono naturalmente vari gradi di benessere e nella nostra variegata società c’è anche chi è meno fortunato ed arranca per vivere, talvolta addirittura per sopravvivere, ma la grande maggioranza del popolo italiano può dirsi ad oggi fuori dal bisogno ed addirittura oltre il 48% dei cittadini intervistati per un sondaggio proprio in questi giorni si è dichiarato soddisfatto del proprio reddito.

Non sono certo abolite le differenze sociali e nella statistica della percentuale di scalata sociale, quella che valuta cioè la percentuale di cittadini che dagli strati più umili, per nascita, riescono a raggiungere i superiori, per merito, rimaniamo in fondo alla classifica europea a dimostrazione di quanto la ricchezza nel nostro paese continui ad essere mal distribuita.

Siamo comunque in larga parte benestanti (forse il termine più adatto a indicare la condizione media dell’italiano di oggi), ed abbiamo raggiunto questo risultato in pochi anni con relativa facilità ma con qualche piccolo problema, come quello già detto della non equa distribuzione della ricchezza e con un debito pubblico stratosferico che incide fortemente nei nostri conti pubblici attuali e purtroppo anche in quelli futuri dei nostri figli e dei nostri nipoti.

Ma soprattutto abbiamo ottenuto tutto questo senza renderci conto di avere perso molti importanti valori, alcuni dei quali passati direttamente da vizio a virtù e viceversa.

L’onestà oltre che rara è diventata anche una sciocchezza, una cosa stupida, la furbizia da difetto è stata elevata a pregio supremo, la maleducazione è diventata oggi di gran moda ed ostentata al pari della incultura, entrambe portate addirittura come vanto (e condizione indispensabile per apparizioni televisive). Il parlare scurrile è oramai diventato prerogativa di molti spettacoli teatrali in cui la parola sconcia non è più un rafforzativo sporadico di una battuta ma la base su cui costruire tutta la trama, il sesso ridotto quasi ad atto puramente meccanico e privato di tutto quel sentimento, quella passione mista a tenerezza capace di trasformarlo, da atto puramente sessuale in straordinario atto d’amore.

Così in questo mondo competitivo e ipertecnologico, pieno di modernità e di progressi scientifici straordinari capaci di renderci la vita molto più facile, e in cui apparentemente abbiamo tutto, abbiamo perduto però una cosa fondamentale per dare un vero valore al nostro vissuto.

Abbiamo smarrito la lentezza del vivere, quella lentezza, quella serenità che ci permetteva di fermarci ad osservare la bellezza del mondo che ci circonda, a godere dello spettacolo sempre straordinario della natura, ad apprezzare il piacere del quotidiano, del conversare senza fretta, del godere delle piccole cose, dello scoprire il segreto di ogni giorno.

Il riuscire cioè a camminare lentamente lungo il percorso della nostra vita per godercela, per essere felici senza sacrificarla al benessere materiale e alla nostra eterna fretta di arrivare.

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