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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Circolo ARCI Migliarino-6 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
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MESTIERI DI STRADA

12/12/2010 - 22:50

I mestieri di strada hanno costituito per secoli un elemento fondamentale dell’economia.

Larghe fasce della popolazione che non avevano altre fonti di reddito, si procuravano di che vivere vendendo merci e offrendo la propria opera di artigiano per le strade.

Il fenomeno ha chiaramente radici antiche, ma si può dire che solo alla fine del ‘700, con il primo editto (1781) del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, che emanava regolamenti anche inerenti il commercio ambulante, se ne possa tracciare un profilo.

Il commercio ambulante rappresentava quindi una parte importante dell’economia ed aveva molteplici aspetti, andando da chi aveva un posto fisso nei mercati, al vero e proprio ambulante che, con un carretto o con una cesta, girava per le città o i paesi, cercando di vendere i propri prodotti.

Il commercio ambulante poteva essere un lavoro provvisorio, tanto da tirare avanti fino a quando non si sarebbe trovato qualcosa di più stabile, oppure un mestiere che veniva condotto per decenni, o per tutta la vita.

Bisogna riconoscere che gli ambulanti, anche se spinti dallo stesso bisogno di guadagno, si diversificavano nel tipo e nella merce e anche per il luogo di lavoro, cioè in città vi erano specializzazioni che mancavano in campagna e viceversa.

 

Ecco un primo sommario elenco di come e cosa si vendeva fino a una data non molto lontana da oggi:

 

acquacedrataio

vendeva “acqua acconcia collo zucchero, e colle scorze di cedro, cedrato e simili…”  ,il richiamo era “è marmata!”. Simile gli era

 

acquaiolo (o acquarolo)

con la sua merce  costituita da bibite rinfrescanti od acqua aromatizzata o corretta con sciroppi;

 

aghettaio (o stringaio)

che vendeva lacci di diverse misure per scarpe o per i busti femminili. L’aghetto era il laccio con le punte dure metalliche e la stringa senza puntale;

 

agliaio

dava in vendita filze di agli ed altri prodotti della sua terra, a volte senza carretto o ceste, ma portando le filze appese al collo;

 

arrotino

troppo noto per essere descritto, aveva come mezzo di lavoro e trasporto una carriola ribaltabile che diveniva banco oppure, con il progresso,  una bici che veniva accavallettata e la pedalata faceva girare non le ruote, ma, con uno speciale marchingegno, la mola per arrotare forbici e coltelli;

 

ballottaio

lavoro questo stagionale, portava fornello, pentola e finocchietto per lessare le castagne (ballotte) e venderle belle calde;

 

barrocciaio

che offriva il mezzo trainato da animale o dalle sue sole forze, per il trasporto di cose. Il barroccio era un tipico carro con due grandi ruote e due lunghe stanghe che serviva a movimentare qualsiasi materiale, da quello per l’edilizia alle derrate alimentari;

 

brachieraio

con questo insolito e strano nome si offrivano (ai soli uomini) i cinti erniari, detti appunto “brachieri”;

 

burattinaio

che montava la sua tenda nelle piazze, nascosto dietro ad un pannello di legno simulante un boccascena e manovrava i burattini di cartapesta, di legno o di stoffa facendo divertire grandi e piccini con le chanson de geste, Orlando Paladino o la Gerusalemme liberata;

 

bruciataio

simile al ballottaio, ma offrendo castagne arrosto e non lessate gridando:

”Arrostite le levo!, a riscardassi le mane!, bruciate bruciate (o, se era pistoiese) frugiate frugiate!”;

 

candelaio

che preferiva lavorare nei pressi delle chiese, dopo che nelle case si era perso l‘uso di candele o lumini per l’illuminazione;

 

cappellaio

dava copricapi alla moda, sia maschili che femminili percorrendo le strade con un carretto;

 

cenciaio (o cenciaiolo)

figura tipica di un mondo perduto urlava sempre: "donne, chi ha cenci?, strappatevi la camicia!, donne buttatevi di sotto! Chi ha cenci vecchi da vendere?";


curtellinaio

vendeva i ferri taglienti fatti  con metallo più o meno pregiato e ammanicati nelle più varie fogge, non tralasciando di offrire anche forbici e lame varie;

 

duraio (o mentaio)

con la grida: “Ce l’ho duri, duri di menta!”, che non erano altro che caramelle o pezzetti di zucchero colorato che il mentaio produceva sul posto lavorando una pasta calda  e brillante rigirata con un gancio  e attaccata ad un chiodo. I bastoncini che si creavano venivano poi tagliati a dadini o a rombetti.

 

Si sono tralasciati moltissimi strani mestieri in questa prima parte, ma i ricordi si fanno via via più presenti e rimedieremo la prossima puntata.

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