Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Lasciamo per ultimo il detto detto per primo!
Vai in giro per la Penisola e, quando ti si chiede di dove sei, alla risposta “di Pisa”, scatta il commento ricordo scolastico dantesco con un “hai! Pisa vituperio de le genti”, come a uno che dicesse “di Bolgheri” gli sarebbe risposto “i cipressi che a Bolgheri alti e schietti” e fra poco, a un concittadino che volesse azzardarsi a dire “di migliarino”, toccherebbe un “ah, quello delle puttane e dei trans della Traversagna?” se la domanda proviene da un uomo o “ma l’ikea ce la fate o no?” se donna.
Ma non andiamo fuori tema. Diamo una scorsa ai detti su Pisa.
I pisesi aveano un miccio,
non riusciva a stare ritto:
lo reggevan colli stecchi
i pisani becchi becchi!
La provenienza è sicuramente lucchese, data la scarsissima simpatia che quel popolo ha sempre avuto con quello pisano tanto da far dire loro anche il classico: “meglio un morto in casa che un pisano all’uscio” in ricordo dei tempi in cui i Pisani spadroneggiavano nel loro suolo con dure leggi e tassazioni tanto da preferire tutto all’infuori di un pisano che bussa alla tua porta per esiger gabella.
C’è chi dice che siano stati i livornesi a coniare la battuta per la loro innata malevolenza contro Pisa, ma a questi viene risposto sagacemente: “ che dio t’accontenti!” e tutto finisce!
Al famoso “pisa pesa il pepe al papa, il papa pesa il pepe a pisa”, non facciamo commenti, non è di danno al nome, ma ce ne è uno che reca moltissimo disonore alla città alfea ed è: il soccorso di Pisa.
Questo detto nacque per rimarcare il fatto che la flotta pisana, partita (1099) da Porto pisano per portare soccorso ai crociati che erano in difficoltà nella presa di Gerusalemme, arrivò a vittoria (fortunatamente) ottenuta, ma rimase in modo indelebile a discapito nostro, anche se il mancato aiuto richiesto fu dimostrato dipendente dalla difficoltà di veleggiare con venti contrari.
La gente pisana ha un’altra versione più a pro loro, che però non viene presa in considerazione anche se storicamente provata, ed è che il soccorso di Pisa non si riferisce a quello che Pisa doveva dare, ma a quello che doveva ricevere, e che non ricevette, dall’imperatore Massimiliano (1508) chiamato a prestare aiuto alla città assediata dai fiorentini. I pisani furono beffati e bastonati, ma a nessuno importava, anzi, e questo fatto fu dimenticato per lasciar posto all’altro stereotipo più degradante.
C’è anche il “come i ladri di Pisa” per riferirsi a quelle persone che litigano continuamente ma non sanno stare lontane, oppure di quelli che litigano per finta per raggiungere un certo scopo, ma considerato come non tanto offensivo.
Arriviamo al grande poeta, astioso rivale, scarso storico, nemico giurato Dante Alighieri.
Oltre al detto riportato all’inizio, il sommo non si asteneva a dimostrare il suo odio contro Pisa e, non pago, siamo appena a trent’anni dalla sconfitta della Meloria, della situazione disastrosa in cui viveva la città, urlò alla Capraia e alla Gorgona di: “fare siepe all’Arno in su la foce si che annieghi in te ogni persona…”
Ai miei tempi (di scuola), quando si imparavano a memoria pacchi di poesie o parti di brani di famose opere (Cecilia dei Promessi Sposi ad esempio) o interi pezzi dell’Iliade ed Odissea, alla Divina Commedia erano dedicati però dei “rimbrotti” campanilistici, di ignota provenienza, e ce ne era uno che suonava così:
“Hai Pisa! vita e imperio delle genti,
in quel paese là ove il sì suona,
perché i vicini a te lodar son lenti,
muovansi la Capraia e la Gorgona,
e formin serto all’Arno in sulla foce
sicché s’allieti in te ogni persona!”
Arriviamo, dato che si è parlato di Meloria, anche al “Chi vuol veder Pisa vada a Genova” che oggidì pare un nonsense, ma che dimostrava un dato di fatto molto veritiero e crudo della situazione che si era creata in Pisa dopo la sconfitta più dura che sia mai stata così patita.
Nel 1284, il 6 agosto, lo die de Sancto Sisto, la flotta pisana fu totalmente distrutta da quella genovese e migliaia di prigionieri furono incarcerati nella città vincitrice.
Come nel giardino del palazzo dei Fiumi e Fossi in lungarno non vi si costruisce per la maledizione che fu data dai pisani a Ugolino (suo il casamento e sua la colpa della sconfitta) e la sua stirpe, anche nella poesia vernacola, veritiera schietta e massacrante, non si scherza con la disfatta della Meloria e non si trovano riferimenti ad essa.
Nella Guida ai detti toscani di R. Cantagalli (1981) si riporta la seguente:
“arrivano i pisani” si dice ai bambini quando stanno per addormentarsi e socchiudono gli occhi. L’etimologia è controversa. Secondo il Giusti è da riferire all’aria di Pisa che, essendo pesante, farebbe assopire (vedi il detto pisa pesa per chi posa); secondo altri, fra i quali il Panzini, farebbe parte di un gioco fonetico (Pisa, pisolino, pisolare). Ma potrebbe avere la stessa origine del "soccorso di Pisa", modo di dire per indicare un aiuto tardivo o inutile, come appunto successe nella conquista di Gerusalemme. Nel caso dei bambini che hanno sonno, l’arrivo dei pisani indicherebbe che è troppo tardi per stare ancora alzati.
Ma ‘ndove vivi o Spennapolli?
Ce ne sono migliaia di parole che hanno un assonanza nella nostra bella lingua e allora al trans che sulla traversagna ti mostra il di dietro ,da dove diresti che provenga, dal nord?, dato che dici: “Mih- l’ano!” e invece è del sud!
(scusate, ma sono campanilista)
Il 14 giugno 1314 Uguccione della Faggiola, podestà di Pisa, dopo lo schiaffo morale dato alla città da Bonturo Dati (di carducciana-dantesca memoria), mise a ferro e fuoco Lucca, dove il saccheggio durò tre giorni e dove fu istaurato un clima di terrore e conseguente coprifuoco.
Non c’era lucchese che la sera, sul tramonto, non dicesse:
“Gnamo a letto, arivino e pisani!”
Questa è la storia vera
(almeno credo,… o no?)