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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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CESPASI!

16/1/2011 - 20:06


 

[...]Ma, ove si eccettuino i renaioli che s’industriavano su una lingua di sabbia che emergeva nei pressi del ponte alla Fortezza, la vera vita del fiume si svolgeva nei dieci chilometri che da Pisa lo portano alla foce.

Lì, tra il falasco e le canneggiole delle verdissime rive, ormeggiano i neri barchetti a fondo piatto sui quali nelle notti illuni d’inverno, munito di lanternino e di ripaiola, s’acquatta il paziente pescatore di cee, mentre di giorno servono alla “scaccia“ dei muggini attorno alle grandi reti trasparenti color miele.

Più oltre, passato Luicchio (un nome che sembra inventato per burletta), passata  la curva dei Bufalotti con quella bellissima isoletta folta di canne che è stata sciaguratamente distrutta, si affacciano, su palafitte, le prime bilance: casotti o baracche, per lo più di legno, dalle tinte scrostate o sbiadite dal sole e dal salmastro, con finestrini e persianine e una grande ruota sul fianco e un terrazzino dal quale si sporge una lunga pertica a sorregger la rete.

Sotto, l’acqua tranquilla  occhieggia tra sole ed ombra con riflessi di madreperla. Quante  volte, da giovane, ho sognato di trascorrere, oscuramente, la vita in una di quelle baracche, contemplando, in attesa  di girare la manovella della ruota e di catturare il pesce, l’opposta riva deserta con lo sfondo, oltre il giallo litorale e la striscia scura delle pinete, della cerulea catena  delle Apuane coi loro cortinaggi di candide nuvole. Ero, come ho scritto in precedenza, un entusiasta del D’Annunzio che proprio alla Bocca d’Arno aveva dedicato le sue più belle liriche (- Stormi d’augelli varcano la foce- poi tutti l’ale bagnano nel mare-), non posso ricordare questi versi senza provare quell’antica commozione che si caricava di felicità. Ma v’erano altre cose che il poeta non  aveva descritto: ad esempio, egli, che non sapeva nuotare,  ignorava che cosa si prova a bagnarsi là dove l’Arno si congiunge al mare e visto dal pelo dell’acqua sembra ancora più largo.

Lì, dove già prevale il salmastro, giungono alle labbra del nuotatore lenti fiotti di acqua dolcissima, e recano sentore di resina e di pini. Su quelle acque ho visto dondolarsi lievissimamente, gigantesco uccellaccio, il Dornier Val e gli giravo cautamente attorno sulla barchetta  che per una lira mi noleggiava Attilio, detto Cèspasi, unico traghettatore di quelle sponde e che fu già barcaiolo del D’Annunzio di cui imitava, con ammirevole estro e, credo, verosimiglianza il gestire imperioso ed irrequieto.

Attilio era un personaggio straordinario, una creatura incantevole: uomo buonissimo,  ma sempre pronto alla burla, e forse anche al "poncino", soleva imbastire lunghi discorsi faceti con parole senza senso da lui stesso inventate, come cèspasi con la quale i marinesi lo avevano soprannominato.

Era figlio di Speranzina, la proprietaria della  più antica bilancia di Boccadarno e che mi dicono che per molti anni fosse l’unica, e credo non fosse mai stato neanche a Pisa. Ma di Boccadarno, dove, oltre a traghettare, pescava, era una sorta di sovrano, ne incarnava veramente lo spirito.

L’altro sovrano di Boccadarno era il pittore Giuseppe Viviani, che talvolta vedevo aggirarsi da quelle parti con la cassettina e il cavalletto; ma non osavo avvicinarlo, io che poi dovevo diventargli amico e affettuoso biografo, ne avevo soggezione perché era alquanto più anziano di me e già cominciava a godere di una certa fama. Ma dell’Arno non si poteva spingersi con la barca o nuotando oltre la metà quando c’erano i Reali a San Rossore.

Dall’altra parte c’era un’unica bilancia, la loro, grande e bellissima, color legno e qualche volta vi si recava la regina  Elena, appassionata e, a quanto si diceva, bravissima pescatrice: e nei canneti intorno stavano acquattati guardie e poliziotti.

Ora quella bilancia non c’è più e dall’estremo lembo di terra che garbatamente girava verso la lontananza del Gombo, dalla lunga spiaggia rigata d’onde schiumose si  spicca una sottile fila di scogli semisommersi sui quali s’abbarbicano altre bilance. Non si capisce più bene dove finisce Arno e dove comincia il mare e sembra che ci sia un’inondazione, che il fiume li abbia straripato.

Quella negra e rotta scogliera, fragile baluardo alle ire del mare sotto il libeccio, non rallegra la vista: è preludio alle tristi catene di blocchi e di massi che invano, dopo le correnti e le mareggiate hanno inghiottito la spiaggia, sono state create a difesa delle calcinate, delle desolate case del lungomare di Marina.[...]


Questo ed altri scritti pisani che Enzo Carli buttò giù negli anni cinquanta, son stati raccolti in “Inventario pisano” ed editi per conto di Elle Emme edizioni nel 1977.
Vi si legge una realtà delle abitudini popolari e del paesaggio che hanno lasciato una lontana memoria in molti di noi, ma nessun “fremito nostalgico” ai giovani che conoscono solamente la superficialità del mondo in cui vivono.
Cee, ripaiole, renaioli, barchetti, Luicchio addirittura, le baracche, re e regina, traghettatore, il nuoto in Arno (!) e tutta una sterminata serie di persone e cose  sono “sparite” con l’arrivo dei cantieri, del parco, del porto e del turismo di massa.


Perdonatemi se sono andato a cercare lontano da casa nostra e mi sono dilungato, ma volevo farvi partecipi di una cosa straordinaria:  come Attilio non si era mai allontanato dalla sua Boccadarno, mio nonno paterno, Marino, non aveva mai lasciato il suo Serchio dove lavorava e pescava e traghettava al pari del “collega” summenzionato.
Fra di loro c’era l’impenetrabile insormontabile tenuta reale di San Rossore.

Ebbene, quando mio padre mi portava con sé in barca e succedeva qualcosa che sbilanciava il corretto andamento (un remo che si incastrava, una lenza che si incagliava, un pesce che si slamava) diceva “Cespasi!” e se io gli chiedevo cosa significasse mi rispondeva che lo aveva sempre sentito dire  da suo padre!


Cespasi che coincidenza!

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25/10/2019 - 18:17

AUTORE:
sergio

ho conosciuto Attilio a Marina di Pisa ho 82 anni vivo in Lombardia.
Chiedo se esiste un libro che narra tutto quello che ho letto sopra se esiste lo comprerei subito, rendetemi edotto grazie.