Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
D'ANNUNZIO ANTI-BORGHESE
Nel corso degli anni sono state affrontate dai biografi miriadi di volte tematiche relative alla figura del poeta soldato, alla sua fama di conquistatore, al suo tentativo di far della sua vita ciò che si fa d’un opera d’arte. Ma spesso si tende a trascurare il fatto che d’Annunzio rappresenta come afferma Gozzano “il vero figlio del nostro tempo” ovvero colui che seppe giocare magistralmente con le mode, le tendenze ed i cambiamenti di costume portando tutto a proprio vantaggio. D’Annunzio vive in un periodo oscuro e di vero e proprio cambiamento per l’Italia, nasce nell’epoca della crisi dei valori e delle certezze, vive l’incubo di un Italia borghese intesa all’utile alla moneta, una società grezza, arida, rude e concreta che abbisogna di certezze, ricerca nuove condizioni di vita, ricerca altri stimoli. D’Annunzio rappresenta per la borghesia del tempo il nume carismatico, l’eloquente esteta, l’esempio di vita inimitabile da professare, rappresenta una nuova fede, un nuovo credo il culto del bello, del magnifico, del buono. E’ chiaro che D’Annunzio è un antiborghese, anche lui come Gozzano è convinto che i conservatori benpensanti non possano concepire il senso della poesia e la bellezza dell’arte, ma a differenza di altri d’Annunzio sfrutta la superficialità borghese per esaltare la sua persona
"…oggi l’alloro è premio di colui, che sale alla ribalta per far di se
favoleggiare altrui…"
D’Annunzio predispone magistralmente le fialette della seduzione, e con la sua magnifica prosa e la sua affascinante poesia non solo conquista le più ambite donne d’Italia ma arriva a infervorare gli animi, incantare i cuori e ammaliare gran parte della società del tempo. Bisogna dire che il fenomeno dannunziano è potuto esistere proprio perché allocato in quel determinato periodo storico in cui la società attenta solo a cose frivole e materiali aveva bisogno di una sorta di “spiritualizzazione” e di una ventata di novità. Bisogna anche dire che a amplificare il fenomeno dannunziano furono i mezzi di informazione la stampa, le cronache mondane e ( successivamente alla Marcia su Roma ) fu proprio il regime ad utilizzare la figura del poeta guerriero come strumento propagandistico. Ma la maggior parte delle apparizioni pubbliche, la pretesa di voler essere una guida spirituale per l’Italia furono per lui un bisogno patologico di platea e protagonismo e mai un tentativo di potere. D’Annunzio in parte aderisce al pensiero Fascista anche se la sua posizione all’interno di esso è abbastanza dubbia, in quanto D’Annunzio non aveva alcuna linea politica e per anni continuò ad alternare momenti di adesione a momenti in cui “andava verso la vita” ( così definì il poeta quando per la prima volta in maniera eclatante decise di passare a sinistra, quando tutti erano a destra ). Per il regime D’Annunzio
rappresentava una figura preziosissima ma pericolosissima, preziosa per la capacità di sedurre col verso e pericolosa per l’estrema incoerenza. D’Annunzio era un artista, la cui passione ed il bisogno di protagonismo sfociavano talvolta in episodi eclatanti ed auto propagandisti, dalla falsa caduta a cavallo del D’Annunzio sedicenne al volo su Vienna del D’Annunzio cinquantenne. D’Annunzio non ebbe mai pudore nel rendere pubbliche le proprie esperienze, anzi le sfruttava per salire nuovamente alla ribalta, incurante della pericolosità e del tempo che passava. Assai presto fu tra i polemisti più acri contro la democrazia. In un primo momento, allo Stato "eretto su le basi del suffragio popolare e dell’uguaglianza, cementato dalla paura", al mondo attuale della democrazia e degli affari, egli contrappose
l’antica aristocrazia della nascita e del censo, alla quale sola attribuiva cultura e sensibilità. E contro la borghesia al potere, goffa e rapace, proclamò la necessità di una nuova oligarchia, di "un nuovo reame della forza", capace di riprendere le redini e "ricondurre il gregge all’obbedienza". E il compito di difendere i valori che la democrazia distrugge lo affidò ai poeti, i soli capaci di far rivivere il senso della Bellezza e del Pensiero. Ma più tardi, quando quella polemica e quell’appello si erano propagati e sarebbe stato ingenuo richiamarsi ancora a una nobiltà ormai scomparsa dalla scena. D' Annunzio modificò il suo tiro, e i suoi nuovi eroi non furono più aristocratici che debbono generare il futuro "re di Roma" ma, come in certo suo teatro: La nave, La gloria, mitici eroi del passato, robusti fondatori di città capaci di affascinare le folle, o il borghese d'eccezione, esploratore, dispregiatore del mondo circostante, capace, per realizzare il suo sogno d'azione, di infrangere le leggi affrontando il delitto e il disonore (Più che l’amore). Intanto, a modo suo, cioè nei modi lirici e affatturati che gli erano congeniali, egli fu tra i primi poeti del colonialismo, e dopo aver celebrato la marina di guerra ("Italia, Italia, /sacra alla nuova Aurora/con l’aratro e la prora!") fu , con il quarto libro delle Laudi (Merope), il cantore della spedizione libica, vale a dire con il suo prestigio e con la sua capacità di retorica l’affermarsi di un nazionalismo bellicoso. Evolvendosi, ancora una volta, lungo una curva che fu non solo sua, ma di tutta la cultura di "destra", la quale si sforzò in quegli anni di recuperare una parte almeno del mondo operaio, quello dell'industria, legandolo al destino delle nuove classi egemoni e propugnando una sorta di alleanza fra capitale e aristocrazie operaie. Questa evoluzione (che fu, per esempio, caratteristica di uno scrittore come Enrico Corradini, fra i padri del nazionalismo) portò D'Annunzio ad accostarsi alla "folla" che prima aveva tanto disprezzata, per cui l'operaio in certi suoi scritti è il materiale necessario alla effettuazione dei sogni imperiali dello scrittore, il supporto indispensabile alla potenza dell'eroe sovrumano.