In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
I Mulini del Serchio
Troppo noti sono i mulini ad acqua che hanno fatto la storia dei nostri paesi ed hanno dato il loro nome a diverse località, ma pochissime sono le notizie di un altro modo di lavorare, quello sull'acqua e non vicino all'acqua.
I mulini galleggianti erano per lo più a due scafi: quello principale ospitava l'impianto di macinazione mentre l'altro, più piccolo, reggeva il secondo appoggio della ruota, la quale si muoveva tra i due scafi. Esistevano anche mulini galleggianti a due ruote, disposte una dietro l'altra (o a un solo scafo), con una ruota su ogni lato.
Gli ingegneri musulmani utilizzavano due soluzioni per ottenere la massima potenza da un mulino ad acqua. La prima soluzione era il montaggio delle ruote su piloni o ponti al fine di sfruttare il massimo flusso. La seconda soluzione era il mulino galleggiante, un tipo di mulino ad acqua mosso da ruote idrauliche montate sui lati di navi ormeggiate a metà del guado. Questa tecnica era impiegata nel X secolo lungo il Tigri e l'Eufrate, in Iraq, dove grandi mulini galleggianti di teak e ferro potevano produrre dieci tonnellate di farina ogni giorno per i granai di Baghdad.
Sui fiumi del nord Italia vi erano numerosissimi mulini galleggianti che hanno operato fino agli anni '50 delle scorso secolo e veniamo ora a sapere che anche sul Serchio lavorava uno di questi meravigliosi impianti che, addirittura, era stato "passato" come invenzione di un paesano.
Notizie tartte dal nuovissimo libro "Vecchiano, nascita di una Mairie" presentato alla popolazione ieri sabato 26 febbraio come riportato in Flash.
[...] L’inizio del 1810 fu anche il momento in cui Prato (primo sindaco di Vecchiano n.d.r) dopo un anno di governo fece un’analisi del periodo precedente, sollevando problemi ed osservazioni che non mancò di comunicare alla prefettura. Da buon maire mise al primo posto la soddisfazione dei propri cittadini così scrisse al sottoprefetto: "L’esperienza di un anno ha dimostrato quanto incomodo abbiano dovuto subire gli abitanti di questo Comune per arrivare a pagare le rate dell’imposizioni dirette loro imposte al Capo Luogo dei Bagni dai quali ne ho avuto infiniti reclami; debbono specialmente gli abitanti dei comunelli di Filettole e Malaventre camminare miglia fatte per giungere al medesimo Capo Luogo e tutti passare il Serchio con spesa. Si sono trovati detti individui molte volse costretti a fare dell’inutili viaggi o per non potere inoltresi al Percettore, per la molteplicità dei concorrenti, o per non esservi il medesimo, ed ecco adunque una nuova spesa per questi piccoli Possidenti, e quasi indigenti, dal che ne nasce la sentenza delle riscossioni, a danno del tesoro e , la defaticazione dei medesimi".
Per accontentare i suoi concittadini Prato si avvalse dell’articolo di un decreto del prefetto che sanciva il fatto che il percettore delle tasse avrebbe dovuto trasferirsi in ciascun mese in ogni comune o comunello del suo circondano, e perciò Prato chiese che si recasse per almeno tre giorni nel suo comune all’oggetto adunque di fare cessare a questi abitanti tali disastri e farli godere almeno per questo oggetto il beneficio della separazione della Comune. La richiesta andò a buon fine, perché il sottoprefetto decretò che il percettore si sarebbe recato i primi tre giorni di ciascun mese a Vecchiano per poter riscuotere le tasse.
La voce della mairie si faceva sempre più sentire, segno anche della progressiva autonomia che stava raggiungendo, grazie alla quale riusciva a sbrigare da sola anche controversie piuttosto complicate tra gli abitanti.
Ne è un esempio quella descritta in un gruppo di documenti e relativa alla disputa nata tra il proprietario dì alcune “macchine macinanti”, “natanti sul fiume Serchio”, e il proprietario di un navicello. Sabatino Federighi, abitante in Arena, l’inventore di queste particolari macchine, poste sul fiume ad Avane, nel comune di Vecchiano per “comodo degli abitanti di questa pianura”, usava “piccolo barchetto per portarvi a macinare le grasce” poiché le macine “perché possino agire con la corrente di detto fiume restano discoste dalla ripa”.
Nel mese di novembre del 1810 scrisse al sottoprefetto perché la mattina del 16 “Giovanni Pasquini del comunello si S. Andrea in Pescaiola, Comune dei Bagni di S. Giuliano come livellaro, o affittuario della barca di Pontasserchio si prese la libertà di porre un uomo con navicello davanti alle macchine di detto Federighi con proibire espressamente ai suoi mugnai che non portino più roba ai molini, obbligando anche le povere persone che sogliono andare a macinare a pagare due quattrini, e un soldo per sacco, passando dal suo navicello, cosa che mai è stata usata da che sono state costruite dette macchine” e chiese perciò “che sia riparato ad un tale disordine per non trovarsi nella cruda alternativa di vedere esposta la sua gente a dei criminali in simile circostanza”.
Il problema principale per lui era che molti si trovavano costretti a portare a macinare i loro raccolti altrove, recandogli un grave danno economico. Il giorno dopo il prefetto scrisse a Prato chiedendogli di sentire le due parti in causa e di risolvere la questione. Prato in pochi giorni mise d’accordo i due e comunicò con orgoglio al prefetto che aveva conciliato le parti e tutto era stato risolto.[...]
n.b. la foto di apertura non è logicamente sul Serchio, ma sul Po.