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Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA  sono la figlia della "Cocca".

Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.

Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché  anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è  ancora comunità.  

. . . come minimo si risponde due volte altrimenti .....
. . . siamo a M@ sterchief. Sono anni che giri/ ate .....
. . . Velardi arriva buon ultimo.
Il primo fu il .....
Nulla obbligò a buttar giu il Conte 2, se non la .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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di Angela Baldoni
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Qualcuno mi sa dire perche' rincoglionire
viene considerato un inevitabile passaggio
alla fine del faticoso viaggio
vissuto da tutti con coraggio?
Il .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
STORIE DI ORDINARIA CUCINA
di Madame Cucù
Dedicato ad un risotto

4/4/2011 - 15:16

Un’immobile su tre piani ospitava tre attività commerciali tutte appartenenti alla stessa proprietà.
 
A piano terra.
Un bar con antistante una  veranda arredata con un dondolo in metallo, qualche sedia, un jukebox..
Sulla veranda si affacciava la sala tv, grande. Doveva ospitare abbastanza persone visto che all’epoca  il televisore in casa lo avevano in pochi e per vedere le cose importanti si andava al bar. Per sedersi c’erano le tipiche sedie da bar in metallo e plastica intrecciata dal colore o rosso, o giallo, o arancio, o blu.
Sempre al piano terra c’era anche una discoteca. Io non ho mai visto come fosse dentro.
 
Al primo ed al secondo piano un ristorante.
L’ingresso ordinario era di lato all’immobile con un’insegna a bandiera che ne proponeva il nome a chi anche solo transitava nella strada.
C’era anche una scala a chiocciola in legno che dal bar, vicino al frigo dei gelati, vicino alla cabina del telefono pubblico a scatti, saliva al primo piano.
Era riservata agli addetti ai lavori ed a qualche cliente abitudinario.
 
Nonostante fosse in un piccolo paese di campagna, il ristorante era molto conosciuto anche fuori provincia per la sua cucina,  inconsueta rispetto a quella che all’ora c’era nelle cucine domestiche.
 
Al primo piano vi era  la prima sala ristorante e la cucina.
Il secondo piano un’altra sala, quella grande, dove veniva apparecchiato per le cerimonie.
Alle mura, appesi, cimeli e quadri di caccia.
 
Il bosco, la caccia, i prodotti genuini della campagna ed i loro derivati erano alla base della maggior parte delle pietanze che venivano cucinate in quel ristorante.
 
Io me ne ricordo una. Me l’ha tramandata mio padre che a quel ristorante era molto legato per motivi che qui non sto a dire.
 
Il Risotto alla Macchiaiola. Questo era il nome che il cuoco gli aveva attribuito.
Macchiaiola, da macchia, perché la base erano i funghi ed i funghi si trovavano nella macchia.
“L’ho trovati nella  macchia”, si diceva e si dice tutt’oggi in paese.
Mio padre, amante della cucina, lo preparava spesso. Solitamente la domenica.
Al mattino metteva in ammollo dei funghi porcini secchi perché sosteneva che con i secchi anziché i funghi freschi il profumo del risotto sarebbe stato molto più intenso e poi i funghi freschi non sempre erano a disposizione.
Li lasciava lì almeno un due ore.
In un tegame profondo metteva: i funghi divenuti morbidi, tagliati a piccoli pezzi, l’acqua dove questi erano stati ammollati, filtrata con un colino fitto, del latte, un pezzo di burro, un dado, il riso.
Il sale veniva valutato alla fine. C’era il dado che dava sapore.
“ Si mette tutto a ghiaccio nel tegame” mi diceva lui. “Niente soffritti”.
A fine cottura una bella dose di parmigiano grattugiato, amalgamato insieme a tutto il resto completava la pietanza.
Poi subito tutti a tavola perché il risotto, da che è stato inventato, si sa, va cotto e subito mangiato.
Io da bambina lo schiacciavo tutto nel piatto e non mangiavo i funghi perché dicevo che non mi piacevano. Mi accontentavo del sapore che avevano dato…..Però c’era sempre qualcuno che approfittava e se li mangiava.
Oggi i miei figli fanno come me.
 
Comunque il Risotto alla Macchiaiola mio padre lo faceva così …..
 
Ingredienti:
Riso
Latte
Burro
Dado o brodo di carne
Funghi secchi (preferibilmente)
Acqua usata per l’ammollo dei funghi.
Parmigiano grattugiato.
 
Il procedimento è semplice, “Tutto a ghiaccio nel tegame” come diceva mio padre.

 

 

 

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