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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
. . . mia nonna aveva le ruote era un carretto. La .....
. . . la merda dello stallatico più la giri più puzza. .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Marina di Vecchiano -giovedi 4 luglio
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
FINALMENTE DOMENICA!
di Ovidio Della Croce
“Vengo anch’io? No tu no!”. Ma se “respingere” è stato un fallimento…

10/4/2011 - 11:33

Riflessioni in cinque punti sui fenomeni migratori con Sergio Bontempelli
 
L'arrivo dei profughi tunisini nelle nostre zone ha riaperto anche a livello locale il dibattito sui fenomeni migratori, e sulle politiche da attuare per governarli. Purtroppo, da almeno un decennio, la discussione su questi temi è condotta, in Italia, sulla base di luoghi comuni e dicerie disinformate. Persino uomini politici, giornalisti e intellettuali non si sottraggono ai toni “da bar” su una questione che invece potrebbe - e dovrebbe - essere affrontata più seriamente. Proviamo a farlo con Sergio Bontempelli, laureato in Filosofia (relatore prof. Maurizio Iacono) con dottorato di ricerca su antisemitismo e razzismo. Si occupa da molti anni dei problemi dell’immigrazione e ne sa più di chiunque io conosca, per motivi di studio e per lunga frequentazione dei migranti come volontario di Africa Insieme, associazione che anche qualche giorno fa ha svolto attività di accoglienza con i tunisini appena arrivati.
 
Puoi provare a riassumere i principali luoghi comuni che giornali e mass-media diffondono a proposito dei fenomeni migratori?
Una delle ossessioni delle cronache è quella dei numeri: i migranti “assalterebbero” le nostre coste e “invaderebbero” l'Italia, arrivando in numeri ingestibili. Una seconda ossessione è quella delle risorse: come fa un paese come il nostro, che già versa in una drammatica crisi economica, a sostenere il carico dell'accoglienza nei confronti di profughi e migranti?  Il terzo luogo comune è conseguenza diretta degli altri due: se arrivano in troppi, se magari molti di loro sono pericolosi delinquenti, la soluzione migliore sarebbe quella di allontanarli. E dunque basta con le “frontiere aperte”, con il permissivismo o il “buonismo”: rimandiamoli a casa, punto e basta. 
 
Ma è proprio vero che siamo sottoposti ad una “invasione”? È proprio vero che i numeri sono ingestibili, che le nostre coste sono prese d'assalto?
Non c'è dubbio che l'Italia sia diventata, negli ultimi anni, uno dei principali “poli d'attrazione” dei flussi migratori a livello europeo. Ma le dinamiche di questi flussi sono ben lontane dall'immagine che ne propongono i mass-media.
Contrariamente a un pregiudizio diffuso, infatti, le migrazioni dirette nel nostro paese coinvolgono un'area geografica abbastanza limitata: secondo i dati Caritas, il 53,6% dei migranti regolari proviene da paesi europei, in prevalenza Albania e Romania. Gli africani sono appena un quinto (22%) dei soggiornanti, ma molti tra di loro (quasi la metà) provengono dal Marocco: i flussi dalla Tunisia, dall'Egitto o dalla Libia sono statisticamente trascurabili, mentre dall'Africa sub-sahariana arriva appena il 6,7% degli immigrati totali.
Le cose non cambiano se si guarda ai flussi irregolari. La maggior parte dei respingimenti viene effettuata alle frontiere aeree o terrestri, e riguarda coloro che arrivano dall'Est Europa; gli “sbarchi” via mare rappresentano invece una piccola parte dei flussi clandestini.
L'immigrazione è insomma un fenomeno regionale e, per così dire, “di lungo periodo”: coinvolge paesi vicini, con cui l'Italia intrattiene rapporti economici e commerciali; e riguarda flussi che si sviluppano e si strutturano nell'arco di decenni (negli anni Novanta sono arrivati soprattutto gli albanesi, nel decennio successivo i rumeni). L'immagine di “maree umane” che arrivano all'improvviso, magari a seguito di violente crisi umanitarie, è del tutto priva di fondamento.
I recenti arrivi di tunisini confermano quest'analisi. Se è indubbio che assistiamo a flussi consistenti, è altrettanto vero che si tratta di fenomeni comunque limitati. Secondo il Ministero dell'Interno, nell'arco di tre mesi (dal 1 Gennaio al 6 Aprile) sono arrivati via mare poco più di 25.000 nordafricani. Nello stesso arco di tempo, la piccola Tunisia ha accolto quasi 150.000 profughi.
 
Uno dei pregiudizi più duri a morire riguarda invece le risorse: come facciamo ad accogliere così tanti migranti, se già versiamo in una drammatica crisi economica? Come facciamo a dar loro le risorse per sopravvivere, se non le abbiamo per noi, per i “nostri” cittadini?
Questo ragionamento, apparentemente di buon senso, non fa però i conti con un dato di fatto: gli immigrati non sono semplici “recettori passivi” di assistenza e di accoglienza; con il loro lavoro, con le tasse che versano allo Stato, con i loro consumi, contribuiscono alla nostra ricchezza collettiva.
I dati dell'ultimo Dossier Caritas sono, in proposito, impressionanti. Gli immigrati versano ogni anno 11 miliardi nelle casse dello stato (tra contributi INPS e gettito fiscale), mentre la spesa complessiva destinata dal welfare state all’utenza immigrata si aggira attorno ai 10 miliardi. In altre parole, se non ci fossero i lavoratori stranieri ci sarebbe un miliardo di euro in meno a disposizione dei cittadini italiani per casa, assistenza sanitaria e sociale, asili nido, scuole, ecc.
Secondo una stima di Unioncamere, gli immigrati contribuiscono per l’11,1% alla produzione del Prodotto Interno Lordo, cioè della ricchezza nazionale. Si stima che gli immigrati guadagnino, in media, tra i 10.000 e i 15.000 euro l'anno (a seconda che siano lavoratori subordinati, parasubordinati o autonomi), e che spendano in Italia il 90% del loro reddito: quanti negozi chiuderebbero, se non ci fossero le centinaia di migliaia di clienti di origine straniera?
 
Ma cosa obietti a chi dice: “gli stranieri rubano casa e lavoro agli italiani”?
Rispondo con una piccola riflessione sulle case popolari. Tra i paesi europei l'Italia, con il 4%, è quello con la minore percentuale di alloggi di edilizia sociale pubblica, a fronte del 36% dell'Olanda, del 22% dell'UK e del 20% della media comunitaria. L'Italia spende per le politiche abitative una quota pari allo 0,1% del PIL: la media europea dei 27 paesi UE (compresi, quindi, i paesi più poveri come la Romania, la Slovacchia o la Bulgaria) è del 2,3%.
Con questi dati, il problema è che gli stranieri “rubano la casa” agli italiani, o che il nostro paese non ha una politica abitativa degna di questo nome?
 
Un'ultima riflessione riguarda le politiche di contrasto riconducibili alla linea dura dello slogan “sciò, via, mandiamoli a casa” (recentemente rinverdito in salsa padana, con la battuta “föra da i ball, fuori dalle palle!”). Verrebbe voglia di risponde in stile Vernacoliere: “Onorevoli ministri, fuori dalle palle andateci voi!”. Ma riprendiamo il filo del ragionamento.
È ormai assodato, almeno tra gli esperti del settore, che le politiche espulsive costano molto e soprattutto non funzionano. Nell'anno 2010, per i soli centri di identificazione ed espulsione (CIE), lo Stato ha speso più di 500 milioni di euro.
Eppure, a fronte di una spesa così ingente, il rendimento è a dir poco fallimentare: stando ai dati del Ministero dell'Interno diffusi dalla Caritas, quasi il 60% degli stranieri transitati nei CIE non è stato rimpatriato, ed è dunque rimasto in Italia. Più in generale, solo un terzo degli immigrati destinatari di provvedimenti di espulsione o di respingimento è effettivamente rientrato al proprio paese: tutti gli altri sono rimasti qui, senza un permesso di soggiorno, ad ingrossare le fila dell'immigrazione “clandestina”.
Tutto questo accade perché, contrariamente a quanto si pensa, rimpatriare gli immigrati irregolari è un'operazione tutt'altro che semplice. Comporta, anzitutto, un ingente dispiegamento di forze (tra mezzi di trasporto, uomini addetti alla sorveglianza, personale tecnico-amministrativo specializzato, strutture di trattenimento, ecc.). Richiede, in secondo luogo, la cooperazione dei paesi di origine, che non hanno alcun interesse a collaborare e che, spesso, si rifiutano di riammettere i propri cittadini (espellere i migranti è infatti interesse dei paesi di destinazione, non di quelli di partenza).
Quando la presenza irregolare è massiccia (si stima che in Italia siano presenti circa mezzo milione di “clandestini”), è praticamente impossibile governare il fenomeno con operazioni generalizzate di rimpatrio ed espulsione. Quello che si dovrebbe fare è, piuttosto, consentire la regolarizzazione degli immigrati che lavorano, o che non abbiano commesso reati e possano dimostrare di mantenersi onestamente nel nostro paese.
Anche in questo caso, dunque, regolarizzare i migranti, consentir loro di vivere in Italia, favorire l'inserimento sociale non è solo un'opzione etica: è, al momento, il modo più razionale di governare un fenomeno complesso.
 
Post scriptum
Chi volesse contribuire alle attività di Africa Insieme, offrendo il proprio tempo e la propria disponibilità a fare volontariato, o inviando contributi per il sostegno al nostro lavoro, può scrivere a questa mail:
 
sergio@africainsieme.net"
 
L’Associazione Africa Insieme e il Comedor Estudiantil Giordano Liva organizzano delle attività fuori della struttura di accoglienza di San Piero…

Da PISAnotizie
Un pomeriggio con i ragazzi tunisini ospiti a San Piero a Grado
 

 

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15/4/2011 - 22:42

AUTORE:
Vik

Buio pesto a Gaza: è morto Vittorio Arrigoni, attivista per la pace dell'International solidarity movement, e collaboratore del manifesto.

Vittorio Arrigoni, alla fine dei suoi reportages di guerra, scriveva sempre: "Restiamo Umani. Vik da Gaza City".

Restiamo umani, anche dopo la morte del nostro caro Vik.

13/4/2011 - 17:07

AUTORE:
odc

Ringrazio la giornalista austriaca Susanne Scholl per aver inviato questo messaggio in merito all’intervista con Sergio Bontempelli:

“bell´interview. e posso aggiungere, che in austria, che oramai non è più un paese di prima linea riguardo alle "maree umane", nonostante tutto le bugie e le inumanità sono le stesse che in italia. io da quando sono tornata da mosca me ne occupo…”

Susanne Scholl, dopo aver lavorato per il quotidiano “Le Monde”, dal 1989 è corrispondente da Mosca per la rete televisiva austriaca ORF e una delle voci del giornalismo d'inchiesta europeo, autrice di un libro reportage, “Ragazze di Guerra”, scritto dopo la morte della giornalista Anna Politkovskaja.